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Oltre le colline

Regia di Cristian Mungiu vedi scheda film

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La recensione su Oltre le colline

di chinaski
8 stelle

Un piccolo convento, su una collina. Un sentiero che sale tra una scarna vegetazione. Poco lontano, un paese. Niente elettricità, pochi beni personali, nessun televisore, nessun computer. Solo un telefono cellulare, per le emergenze. Qui vive Volchita, che ha deciso di donare il suo cuore a Dio. Un giorno la viene a trovare una sua amica, Alina, dalla Germania. Entrambe sono orfane e sono cresciute insieme fino ad una svolta nelle loro vite che ha separato le loro strade. Ora si sono incontrate di nuovo. E nel cuore di Alina c’è ancora quel sentimento che le univa un tempo: l’amore.

A condurre la vita del convento ci pensa un sacerdote, chiamato papà o padre, che applica le regole del cristianesimo ortodosso allo scorrere dell’esistenza quotidiana. L’arrivo di Alina e dei suoi sentimenti comincia a sconvolgere la quotidianità del padre, della madre (la suora più anziana) e delle donne che vivono all’interno del convento come una grande famiglia

Christian Mungiu ci trasporta in una sorta di medioevo contemporaneo, in cui la religione, le superstizioni, la povertà delle persone, manifestandosi in un ambiente chiuso e isolato, finiscono per superare i limiti della ragione e della fede per trasformarsi in fanatismo. Alina, ossessionata dall’amore per Volchita e da lei non ricambiata come vorrebbe, cade in un vortice di comportamenti aggressivi e violenti. Una serie di aggressioni fisiche e verbali contro Dio, il padre, contro tutto quello che ha preso il suo posto nel cuore di Volchita. Dopo un primo ricovero in cui la ragazza viene portata in ospedale, in seguito ad un’esplosione d’ira e rabbia, si ritrova di nuovo, per sua volontà, all’interno del convento. Si ergono intorno a lei le sbarre di una gabbia morale in cui viene rinchiusa da chi ha intorno. L’unica visione d’amore, di bene, nel convento, è quella dettata da Dio. Non può esistere altra forma di amore. E in questo scontro risiede la follia di Alina. Nel dover combattere tra il suo amore e quello che concepiscono gli altri. E questa lotta arriverà alle tragiche conseguenze di una crocifissione vissuta come tentativo di liberazione dal male, un gesto estremo di sacrificio e passione. Si torna indietro di secoli, alle streghe, ai roghi, alle manifestazioni del maligno nei sintomi isterici di un malessere mentale e fisico.

Il ritratto che Mungiu fa della Romania è agghiacciante, quello che c’è fuori dal convento (l’ospedale, la stazione di polizia) è rappresentato in tutta la sua povertà materiale quanto spirituale. Nessuno sembra salvarsi, medici, poliziotti, preti. Sono vite che si trascinano in un degrado umano e sociale. Lo sguardo del regista segue sempre da dietro i personaggi, ce li mostra nel loro essere in quel mondo. Altre volte si sofferma su una delle due ragazze all’interno del quadro, osservandone ogni minima reazione.

Oltre le colline non sembra esserci nulla, nessuna via di fuga, nessun nuovo orizzonte. E nel cuore degli uomini e delle donne si annida un’indifferenza che né la religione, né i sentimenti sembrano in grado di estirpare.

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