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Oltre le colline

Regia di Cristian Mungiu vedi scheda film

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La recensione su Oltre le colline

di Kurtisonic
10 stelle

Un grido di libertà e di amore contro ogni costrizione, spirituale, materiale, scientifica. Fedi di peso  e di consistenza diversa che manipolano, e ingannano la persona. Oltre le colline aspira a toccare le corde più intime dello spettatore, riesce a reciderle e lo costringe ad abbracciare quasi fisicamente la sua materia, è un film doloroso ed  emozionante dal primo all’ultimo fotogramma. In coproduzione con i fratelli Dardenne, è un’opera visivamente abbastanza più lontana dal precedente e superlativo 4mesi,3settimane e 2giorni, Palma d’oro2007, che invece riportava immediatamente a collegarsi con lo stile asciutto ed essenziale dei registi belgi. Oltre le colline possiede una luce che cattura, e che trasporta le sensazioni dei protagonisti  dentro lo spettatore che ne resta fortemente coinvolto. Romania, due ragazze cresciute in orfanotrofio si ritrovano per cercare una vita migliore, una delle due Alina ,è tornata dalla Germania, l’altra Voichita ha trovato rifugio in un convento di suore ortodosse. La costruzione scenica è divisa fra ambienti in contrasto e supportata da personaggi ambivalenti. Uno spazio, il piccolo convento sperduto fra le campagne rumene appare metafisico e fuori dalla realtà, soggiogato da confini invisibili, una Dogville spirituale dalle coordinate incancellabili e dogmatiche, siano esse tracciate con il gesso (Dogville), o nel caso flagellate dal vento e ricoperte da un manto di neve. L’altro mondo è rappresentato dalla vita nel paese vicino, l’ospedale, il posto di polizia, l’orfanotrofio e i suoi traffici,  fanno parte di una comunità a pezzi, tenuta miracolosamente in piedi dal disincanto, dalla spossatezza morale e fisica di chi deve sopravvivere senza nutrire sogni di alcun genere. Mentre Alina è delineata con chiarezza nei suoi sentimenti e nei suoi desideri, esprimendoli con forza e con passione, l’altra ragazza, Voichita, dà il volto e il corpo al dilemma cruciale dell’animo umano, per cosa vivere e in cosa credere. Voichita è divisa fra la speranza che il rispetto delle ferree regole di fede, dell’univocità delle scelte la salvaguardino dal dolore e dalla passione. L’irruzione di Alina nel suo mondo e il calvario che l’amica percorrerà, è ciò che lei invece vive internamente, e verrà sottoposta ad una continua messa alla prova dei suoi valori di riferimento messi in crisi dal comportamento dell’altra. La modernità e la tragicità  di Voichita è tutta compresa nella sua maschera finale, dove appare illuminata da una bellezza trasfigurata: appartiene sia a quel mondo interiore che non sapeva dischiudere, sia a quell’esterno debole ma estremamente umano e tangibile, ugualmente esprimibile nella fede religiosa (la figura e il comportamento del prete a capo del convento è il riferimento più forte e più discutibile) e nella laicità della vita (l’atteggiamento  dei medici e della polizia sorretti unicamente dalle leggi dell’uomo). Voichita è un personaggio in continua transizione da un mondo all’altro, e solo quando ottiene da sé quella chiarezza interiore che le permetterà di compiere una scelta, diventa omogenea alla propria vita, con un alto costo da pagare. L’ultima richiesta di andarsene insieme dal monastero da parte di Alina, viene corrisposta da Voichita, come se il regista Christian Mungiu volesse controbilanciare la parola intransigente della religione con la parola altrettanto forte dell’essere umano consapevole, capace di abbattere ogni resistenza. Tuttavia Mungiu non accusa né generalizza, (il film è tratto da una storia realmente accaduta e non è altro che un resoconto dei fatti),  mette a fuoco il senso tragico dell’esistere, la mancanza di libertà dell’individuo, soprattutto il bisogno universale e disperato di amore in qualsiasi forma esista. 

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