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The We and the I

Regia di Michel Gondry vedi scheda film

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alan smithee

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La recensione su The We and the I

di alan smithee
6 stelle

Film d'apertura della Quinzaine des Réalizateurs 2012, e pellicola che ho perso a suo tempo durante il festival di Cannes in quanto, dopo sofferta decisione, gli preferii - non potendo vedere entrambi per una crudele sovrapposizione degli orari -  "No" di Pedro Larrain (a ragione o a torto, ora che li ho visti entrambi, mi e' ancora piu' difficile capirlo di prima). Film-esperimento scritto e girato quasi di getto, ambientato per oltre 3/4 nel pullman (come quel "Bus in viaggio" di Spike Lee di qualche tempo fa) che, come ogni giorno, riporta a casa (nel leggendario, perduto, malfamato ma sempre orgoglioso e desideroso di riscatto Bronx) alcuni studenti del liceo; solo che in questo caso si tratta dell'ultimo giorno di scuola, quando da una parte l'ottimismo spinge i ragazzi ad abbandonare la routine quotidiana scuola-casa, mentre dall'altro - piu' realistico e meno sognante - ricorda a molti di essi che l'estate li allontana certo dalla scuola e dall'impegno dello studio, ma li riporta anche inesorabilmente alle responsabilita' e ai doveri delle singole vite, spesso problematiche, all'interno delle rispettive famiglie. Macchina a spalla e taglio quasi documentaristico per seguire una ventina di personaggi (attori per l'occasione che interpretano loro stessi), alcuni sbruffoni ed impertinenti, altri piu' maturi e sensibili, negli ultimi chilometri di convivenza con la realta' scolastica che per qualche mese li fara' tornare alla concretezza della vita vera. Meglio allora non pensarci troppo, o almeno pensare che per un po' studio e compiti saranno un problema accantonato a favore di altri crucci, magari sentimentali, magari familiari, magari semplicemente tesi ad organizzare alla perfezione la tradizionale festa di fine anno scolastico spuntando un infinito elenco di potenziali invitati. E man mano che l'autobus si svuota, i rapporti umani sembrano intensificarsi, alcune storie trovano il coraggio di arrivare al "capolinea" dopo pianti e fitte dolorose di tristezza mista a rabbia; altre sembrano destinate a nascere, come e' destino nella quotidianita' eterogenea e variegata del mondo che ci sta attorno. E mentre i chilometri per raggiungere il capolinea  continuano a diminuire, ed il sole cala fino al sopraggiungere delle tenebre, i viaggiatori che rimangono tendono tralasciare la vuota spensieratezza della gioventu' rissosa e caotica a cui appartengono per calarsi piu' nell'intimo dei personaggi che li rappresentano riuscendo a far trasparire quella profondita' d'animo che spesso ci caratterizza quando non siamo piu' obbligati ad apparire, ma ci basta esistere, pensare, provare sensazioni e sentimenti senza piu' doverlo dimostrare all'esterno o al gruppo. Quasi un inno di Gondry, brilllante cineasta che spesso scherza sui sentimenti restando piu' serio di quanto non possa trasparire in superficie, un inno diretto alla perfezione e alla purezza della persona presa nella sua singolarita', finalmente isolata dal gruppo, dalla massa, che ci rende cosi' spesso gretti, superficiali e vuoti in nome di una desiderio di dominare il gruppo o quanto meno di farsi accettare da esso.

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