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The We and the I

Regia di Michel Gondry vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su The We and the I

di RobyBB
8 stelle

“Welcome to the Bronx”. Ad accogliere lo spettatore nel quartiere malfamato dipinto in numerose pellicole è un gruppo di attori non protagonisti e a fare da sfondo alla loro quotidianità non è tanto un paesaggio urbano immutabile, quanto un altro microcosmo comune: l’autobus che ospita il quotidiano tragitto da scuola alle loro case. Il viaggio quasi dantesco (in cui Caronte è rappresentato da una logorroica autista tutto pepe) dà modo al visionario regista Michel Gondry di esplorare le dinamiche di gruppo (The We) e l’evoluzione dei rapporti tra i singoli individui (The I).

Sulla trama

Ultimo giorno di scuola e ultimo ritorno insieme a casa per il gruppo di adolescenti che ci viene gradualmente presentato dopo i titoli di testa. La panoramica generale li ritrae – pur nella loro diversità etniche e sociali – come piatti stereotipi, ma ad ogni fermata un gruppo lascia l’autobus e lo scavo nella psicologia dei personaggi si fa sempre più approfondito, fino ad individuare i personaggi chiave. Lungo il cammino si rompono equilibri e, spesso sulle loro ceneri, si creano nuove insospettabili alleanze.

Su Michel Gondry

Nulla o quasi esiste al di fuori dell’autobus che fa da setting all’intero film. Dal momento in cui i ragazzi salgono sul mezzo fino al momento in cui tutti ne sono scesi non ci è dato allontanarci da esso se non per pochi secondi a meno di utilizzare un espediente: tanto per citarne uno la scena che si svolge in pizzeria è visualizzata, come fosse uno schermo, nel finestrino. Persino Elijah è in qualche modo presente attraverso i filmati sui cellulari dei ragazzi, che ci permettono di seguirne le vicissitudini e lo fanno diventare un tormentone, svelando a mano a mano la sua storia. Non mancano le incursioni oniriche che hanno reso celebre Gondry, su tutte l’apparizione di un incarnazione di Gesù e la conseguente reazione di uno dei bulli, che afferma: “La religione mi mette ansia”.
Lo stile del regista francese è chiaramente ravvisabile nel trattamento del tempo e dello spazio, che si dilatano e si comprimono: la scuola sarebbe troppo lontana dalle case dei ragazzi se causasse un viaggio di oltre 1 ora (nel corso del quale si fa persino buio tra l’altro) e allo stesso tempo è irrealistico che svolte significative avvengano nel giro di pochi minuti. Le scene in flashback sono riprese con camera a mano e uno stile amatoriale e spesso reiterate, anche con diversi protagonisti. Non siamo certo di fronte alla qualità stilistica di “Se mi lasci ti cancello”, ma il sospetto è che non ce ne sia nemmeno l’intenzione: il regista appone il suo personale timbro a una pellicola nata da un workshop con i giovani della comunità The Point del South Bronx. Il progetto vede la loro presenza come attori, ma anche l’attiva partecipazione nella stesura della sceneggiatura, intrisa delle loro esperienze personali. Un film di certo imperfetto ma che dimostra il coraggio di un regista che, oltre alle opere più mainstream come l’atteso “Mood Indigo” con Audrey Tatou, realizza anche lavori più indie come “The We and the I”, riuscendo a ritagliare a questa piccola pellicola un posto a Cannes, dove ha inaugurato la Quinzaine des Réalisateurs.

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