Regia di Guillaume Nicloux vedi scheda film
Francia, 1768. Suzanne Simonin, una talentuosa quanto semplice ragazza dedita all'amore per Cristo. La sua giovane età la conduce a rivalutare la sua scelta di prendere i voti, ma alcune rivelazioni familiari la costringeranno ad una vita di reclusione, punizioni e umiliazioni all'interno di mura ecclesiali. L'adolescente si vede scaravenata in diverse realtà monastiche a cui tenta di sfuggire, succube prima di una crudele austerità, in seguito di un affetto morboso e perverso da parte delle madri superiore.
E' interessante notare come, dopo un primo lontano tentativo di Jacques Rivette (1966), il regista Guillaume Nicloux, sia stato in grado di dar vita ad una personale versione dell'omonimo romanzo anticlericale di Diderot, nel quale vengono denunciati i modus operandi, spesso poco indagati e non sempre ortodossi del sistema ecclesiastico. Di sicuro aiutato da una fotografia molto fredda di Yves Cape, che pervade ogni scena, il lungometraggio assume quella sensazione di intrappolamento e angoscia provate dalla povera Suzanne (Pauline Etienne), le cui scelte vengono dettate da imposizioni e ricatti morali ai quali si ribella, nell'inarrestabile ricerca di una libertà che riaffermi se stessa in un mondo tutt'altro che privo dell'amore di Dio.
Molte le tematiche trattate: dal tradimento, all'espiazione, dal maltrattamento alla perversione. Il tutto celato da una paradossale quanto verosimile autoconservazione del genere umano, laddove un velo non basta a coprire le proprie colpe o a far tacere i propri istinti.
A dispetto di quanto una trama del genere possa far prevedere, la narrazione filmica è molto scorrevole e non fa sentire la mancanza di una ricca scenografia, costituita, dunque, da pochi ambienti in cui il regista è riuscito a riassumere gli avvenimenti più importanti della storia, riducendo di molto i possibili episodi irrisolti nel racconto.
Il finale un po' tronco e la debole presenza di una reale colonna sonora hanno forse fatto perdere non poche sfumature e drammaticità in diversi contesti, di cui - forse volutamente - viene risaltata più la dura e spartana realtà dei fatti. Malgrado la performance estera non sempre straordinaria o credibile di alcuni attori, si nota, invece, molta cura nell'edizione italiana di questo prodotto cinematografico, distribuito da Officine Ubu e diretto da Monica Pariante. I dialoghi sono ben adattati al periodo storico senza cadere troppo nella aulicità che avrebbero reso poco piacevole e accessibile un film dai temi già propriamente impegnati.
Un prodotto di nicchia, sì, ma non per questo poco apprezzabile dal grande pubblico, che fino alla fine fruisce di un doppiaggio mimentico nel lessico e nell'interpretazione, che contribuisce in modo non indifferente alla veridicità dell'opera.
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