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La religiosa

Regia di Guillaume Nicloux vedi scheda film

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alan smithee

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La recensione su La religiosa

di alan smithee
8 stelle

Cronaca intensa ed accorata di una onesta e risoluta presa di posizione che fa seguito ad una (fra le tante) mancata vocazione da parte di una sedicenne costretta a prendere i voti dalle circostanze del destino e dalla rigida etichetta dell’epoca: quella che riconduce sui figli colpe e tranelli ordini da genitori scaltri, cinici e senza cuore. Innaturali regole forzose e costrittive che vedevano costrette ad una vita da reclusa ogni fanciulla non destinabile per qualsiasi ragione ad un matrimonio meditato e ragionato nei minimi dettagli. Le ragioni dell’amore soffocate dalle regole e strategie che oggi verrebbero definite commerciali ove si trattasse di un matrimonio combinato: ma in questo caso ci troviamo peggio ancora di fronte ad un risoluto ed onesto desiderio di libertà di una fanciulla onesta che soccombe di fronte a programmi puramente terreni e materiali rivenienti dalle losche trame dei soliti giochi di potere.

L’imposizione di una vita in reclusione, la costrizionedi immolarsi ad un Dio al quale la giovane è devota in modo sincero e proprio per tale ragione fermamente risoluta a non ingannarlo con una falsa vocazione che le renderebbe impossibile la vita, seppur in grado di garantirle magari quel senso di protezione e salvezza materiale che invece per molte altre poteva costituire un motivo di rifugio edi accettazione di un sacrificio senza via d’uscita.

Francia 1760. Suzanne è una bella sedicenne di buona famiglia, con la passione per la musica che, contrariamente a quanto avvenuto alle sue due sorelle maggiori, avviate al matrimonio, si vede un giorno costretta a frequentare il convento. Inizialmente la ragazza non si ribella perché di buon carattere e sostenuta da una fede sincera, oltre che ingenuamente persuasa che in quella sede essa avrebbe potuto trovare un ambiente coerente per proseguire i suoi studi musicali.

Ma quando capisce che la strada per prendere i voti è un passo inevitabile e forzoso, si ribella con tutte le sue forze: “piuttosto un matrimonio programmato, anche con un anziano scapolo” – implora alla madre - “ma non la vita da reclusa”. Le sue insistenze ed opposizioni non trovano in alcun modo possibilità di soluzione: fino a scoprire l’amara verità: le ragioni di quella scelta obbligata risiedono nel fatto che la fanciulla è in realtà una figlia illegittima, frutto di un amore segreto della madre con un nobile non meglio identificato.

Ha inizio per Suzanne un calvario senza fine, che si aggrava con la morte improvvisa della dolce e comprensiva madre superiora che l’aveva accolta sedicenne; ad essa succede infatti una più giovane suora, irreprensibile ed aguzzina, che sottopone la protagonista a torture e mortificazioni indicibili. Sarà tuttavia grazie ad un diario segreto che smuoverà animi e sensibilità se la novizia riuscirà, dopo molteplici vicissitudini (tra cui le inequivocabili profferte amorose di una superiora di un altro convento – Isabelle Huppert, perfetta per il ruolo) a trovare una via di fuga e a venire finalmente accolta nella casa nobiliare paterna, proprio alla vigilia della morte di quest’ultimo.

Guillaume Nicloux dirige con passione e coinvolgimento piuttosto evidente una vicenda intima che tuttavia rimane saldamente legata all’aspetto terreno, quello di una fede che non c’è, o se c’e’ non arriva a perdersi e a totalizzarsi in una vita consacrata a Dio; un diario teso e drammatico di una profonda onestà di fondo da parte di una ragazza che crede nel suo Dio, ma non vuole offenderlo od ingannarlo con la sua mancata vocazione che diviene una delle sue poche certezze e il caposaldo della sua orgogliosa battaglia per contrastare la forzatura alla quale viene condannata.

La rinuncia ad una vita di preghiera e di fede che non le appartiene viene inserita dal regista in un contesto che non rinuncia a mettere in mostra ambientazioni e situazioni d’epoca molto accurate, quasi a sottolineare che la volontà della fanciulla è quella di vivere una sua vita terrena e non prendere in giro se stessa e una religione alla quale ella si affida, ma nella quale non intende perdersi od estraniarsi, anche a costo di patire sofferenze proprie di una passione non molto diversa da quella del suo Dio nel suo calvario terreno.

Presentato con una buona accoglienza all’ultima Berlinale, diretto con passione ed accuratezza, ma senza slanci gratuiti da filmone di costume ridondante e vuoto, rispettando una limpidezza di sguardo che punta sulla concretezza più che sull’affascinazione o la scabrosità in cui era facile cadere o lasciarsi trasportare considerate le tematiche affrontate, il film rappresenta inoltre per il regista Nicloux l’occasione per lasciarsi definitivamente alle spalle la brutta esperienza dell’inutile e bizzarro horror esoterico all-stars de “L’eletto”, risalente ormai a diversi anni addietro.

 

 

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