Regia di Kim Ki-duk vedi scheda film
Kim non doveva farlo: abbondanata la filosofia zen di "Ferro 3", o, meglio, mischiata al tono dei suoi primi film, più violenti e rudi anche da un punto di vista sessuale, ha costruito il rapporto malato fra un uomo e una donna che dichiara di essere sua madre dopo molti anni. La storia, ricca di ambiguità e di crudezze, dura ancora ancora fino a poco prima della fine, dove la storia prende una piega davvero troppo inaspettata, troppo, perché quel poco che Kim era riuscito a costruire fino a quel punto (una costruzione senza fondamento, che non si capiva dove dovesse andare a parare, e si poneva un delicato bivio) si traduce alla fine in un finale in cui si concentra tutto, e in cui il troppo davvero (c'è il caso di dirlo) stroppia. A volte gratuito, spaventoso e davvero crudo, suona molto come un'occasione mancata, un dramma che si risolve in un rischioso intrigo giallo che manca di spessore.
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