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Zero Dark Thirty

Regia di Kathryn Bigelow vedi scheda film

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La recensione su Zero Dark Thirty

di barabbovich
6 stelle

La guerra fredda (K-19), poi quella in Iraq (The Hurt Locker), infine la caccia all'uomo del secolo, quella a Osama Bin Laden. Il trittico bellico della più mascolina delle registe in circolazione, Katryn Bigelow (e il riferimento non è certo al suo aspetto…) mette in scena, a partire da documenti reali, il dietro le quinte di quell'inseguimento durato 10 anni. A seguire il racconto, parrebbe che il merito sia tutto di un'analista della CIA tanto determinata quanto cinica (Chastain): davanti alle torture orrende (dal water-boarding al collare per cani, anche se la cosa peggiore mi sembra la musica heavy metal sparata a pieni decibel) inflitte a un prigioniero in un carcere segreto, la donna ha appena un attimo di spaesamento, ma non desiste dall'andare pervicacemente per la sua strada, tanto il lavoro sporco, letteralmente sporco - sangue, piscio e feci - tocca agli altri. Si comincia così, con un martirio di mezz'ora, e si conclude con l'uccisione del nemico pubblico numero uno, altra mezz'ora. Tra l'inizio e la fine, oltre 90 minuti sempre con la stessa struttura: io ti torturo, tu mi dai il nome, ne acchiappo un altro, mi faccio dare un nome e alla fine arrivo a Bin Laden. Con qualche variante: gli appostamenti, le location (Afghanistan, Arabia, Kuwait, Pakistan, Polonia, Regno Unito, Stati Uniti), le riunioni al Pentagono e negli alti uffici della CIA. La Bigelow stavolta ha voluto strafare: la sua ansia di tradurre i documenti in immagini non ha lasciato spazio alla minima parsimonia e alla lunga il film stanca, tanto più che ne è protagonista un'attrice di dubbia espressività come Jessica Chastain (eppure in odore di Oscar…). Peccato, perché Zero dark thirty (questo il nome dato all'operazione militare con tanto di elicotteri speciali) fa capire benissimo allo spettatore perché siano circolate così poche foto di Bin Laden morto e quanto rischiosa abbia potuto essere l'operazione militare, tanto dal punto di vista strategico quanto da quello delle probabilità di riuscita. Ma si esce dalla sala col dubbio di aver assistito a un'apologia della potenza militare americana, che per affermarsi non si fa scrupolo ad usare i mezzi più biechi.   

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