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Zero Dark Thirty

Regia di Kathryn Bigelow vedi scheda film

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La recensione su Zero Dark Thirty

di michemar
8 stelle

Non è un racconto asettico, perché le emozioni sono forti, anche se per buona parte del film si seguono solo riunioni, torture, operazioni di spionaggio sul terreno, ma mai azione. Ma quei 28 minuti dell’irruzione nella casa-fortino di Osama Bin Laden sono un crescendo che non toglie, nonostante si sappia l’epilogo, nulla alla tensione.

E’ un’opera obiettiva e senza pregiudizi o un’operazione di propaganda di regime finanziata addirittura dal Pentagono come accusa la scrittrice Naomi Wolf dalle pagine inglesi de The Guardian? La grintosa Kathryn Bigelow respinge ogni accusa e difende la sua scelta di aver girato un film quasi come un documentario, senza propendere verso giustifiche alle scene di tortura mostrate o, all’opposto, accuse senza remore ai metodi della CIA per estorcere informazioni dai prigionieri arabi. Per lei era necessario semplicemente mostrare la complessità della situazione e ha prediletto, assieme al suo sceneggiatore e co-produttore solito, Mark Boal (coppia esplosiva!), il racconto lineare degli avvenimenti. Difatti a tratti sembra di assistere ad un episodio di quelle serie tv che raccontano le indagini su omicidi con poliziotti e agenti FBI specializzati in esami di laboratorio e intercettazioni ambientali.

 

Jessica Chastain

Zero Dark Thirty (2012): Jessica Chastain

 

E’ naturale che un racconto condizioni il giudizio dello spettatore a seconda del primo elemento che viene mostrato: se si parte dalle “vere” telefonate effettuate dalle persone che stavano morendo nei  grattacieli delle Twin Towers, tutto quello che ne consegue può sembrare giustificato; se invece la narrazione parte dall’invasione dell’Iraq basata su accuse e teorie falsate allora si può dare un giudizio quasi opposto. E’ questa l’accusa che possiamo fare alla Bigelow? Intanto noi possiamo solo giudicare asetticamente un bellissimo e spietato racconto imperniato su una tosta figura femminile, l’analista CIA Maya (senza mai sapere il cognome), che vive questa vicenda come una ossessione. Localizzare e catturare il nemico numero 1 degli Stati Uniti Osama Bin Laden è lo scopo del suo arrivo nel Medio Oriente e dell’unirsi alla squadra di agenti che già lavorano lì; poi pian piano diventa il suo chiodo fisso. Maya è presente in quasi tutte le scene del film, partendo da quelle in cui può assistere, appena arrivata, agli interrogatori (?) con il tanto discutibile sistema del waterboarding, e via via nell’evolversi delle indagini, appostamenti e intercettazioni telefoniche degli esponenti massimi della organizzazione al-Qaeda. Si defila appena un po’ solo quando in quei 28 minuti finali si svolge l’azione degli elicotteristi che attaccano il fortino di Bin Laden e portano a termine con successo l’operazione. Poi ritorna prepotentemente e soprattutto soddisfatta nel finale, conscia di aver avuto ragione con la sua testardaggine a non mollare mai, neanche quando i suoi superiori non credevano più nella necessità e utilità di cercare Osama a tutti i costi. Il duo Bigelow/Boal mostra anche il carrierismo dei funzionari della CIA, il loro cinismo e la loro ipocrisia: esplicativa l’accusa che Maya rivolge ad alcuni di loro quando rinfaccia di pensare solo a mettere nel curriculum l’arresto e la confessione di qualche nome di secondo piano della organizzazione terroristica araba per giustificare il loro lavoro in Medio Oriente.

Ma la scena madre è sicuramente quando la rossa grintosa agente, all’indomani dell’attentato dinamitardo di Londra ad un autobus e alla perdita di una cara collega in un'altra esplosione in un campo militare, chiede con veemenza al suo superiore otto uomini per concludere le indagini altrimenti se ne sarebbe andata via, lasciandolo solo a giustificarsi davanti alla Commissione dell’Agenzia. Una scena in cui la splendida, strepitosa, efficacissima Jessica Chastain dà il meglio di sé, una scena che vale il costo del biglietto e l’acquisto (sono impaziente) del blu-ray, per poterla finalmente apprezzare in originale. Bella anche la scena finale dove Maya sale su un aereo cargo, sola, per tornare alla normale vita operativa. Sola, come in fondo era stata per tutta la durata della sua permanenza in Medio Oriente. Sola, come la lasciavano in fondo alla sala nelle riunioni per decidere la pianificazione della ricerca dell’architetto dell’attentato delle Torri. Ed è qui che ha la forza di imporsi all’attenzione dei capi CIA, anche autodefinendosi come la figlia di puttana convinta della bontà dei risultati ottenuti dal suo lavoro di indagine. Sola sull’aereo del ritorno finalmente si scioglie e, conscia dell’impresa compiuta, può lasciar cadere una lacrima che porta via la tensione accumulata in quel periodo.

 

Jessica Chastain

Zero Dark Thirty (2012): Jessica Chastain

Come in “The Hurt Locker”, la camera è a mano, costantemente addosso agli attori, mai ferma e quasi sempre sui visi, in primi piani che continuamente trasmettono l’ansia, la pressione, la tensione.

Non è un racconto asettico, perché le emozioni sono forti, anche se per buona parte del film si seguono solo riunioni, torture, operazioni di spionaggio sul terreno, ma mai azione. Ma quei 28 minuti dell’irruzione nella casa-fortino di Osama Bin Laden sono un crescendo che non toglie, nonostante si sappia l’epilogo, nulla alla tensione creata dalla regista. Operazione militare che ha dovuto girare due volte le scene, per mostrare anche il punto di vista dei soldati attraverso i loro occhi a luce infrarossa: spettacolare. Quindi il perfetto montaggio è stato determinante per rendere l’idea dell’ambiente angusto e soffocante in cui i militari si sono trovati ad agire.

 

scena

Zero Dark Thirty (2012): scena

 

Grande regia dell’abilissima Kathryn Bigelow, ormai abituata a questo genere di film, regista che ha reclamato a gran voce il diritto di cronaca per una storia che ha sollevato polemiche sia politiche che nell’ambito cinematografico.

 

Jessica Chastain

Zero Dark Thirty (2012): Jessica Chastain

Jessica Chastain è magnifica e non potrà che vincere la statuetta, anche perché la Bigelow l’ha resa eroina d’America.

Il film merita ampiamente le quattro stellette, ma bisogna concederne una quinta perché Jessica è un valore aggiunto.

 

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