Regia di Scott McGehee, David Siegel vedi scheda film
Maisie sa che, per attraversare la strada, bisogna aspettare che il semaforo sia verde, e tenersi stretti alla mano di un adulto. Sa che sua madre, nevrotica rockstar in declino, le vuole bene, nonostante le continue fughe sul tour bus che dovrebbe rilanciarne la carriera? Sa che suo padre, businessman costantemente agganciato al cellulare, la ama, perlomeno nel periodo ristretto tra un volo per l’Europa e l’altro? Come le sue coetanee seienni, Maisie non parla granché, ma gli occhi giganteschi della piccola Onata Aprile stanno sempre spalancati su un mondo di grandi straordinariamente infantile (anche un personaggio positivo come Lincoln ostenta la goffaggine di un ragazzone non cresciuto). Nelle orecchie ha il sottofondo incessante di litigi feroci che seguono lo stesso copione nonostante l’intercambiabilità degli interlocutori, mentre la separazione tra i genitori - che si contendono Maisie davanti al giudice e nel frattempo l’abbandonano alle cure non sempre appropriate di quasi estranei o perfetti sconosciuti - scala vette di insensibile crudeltà. Lo sguardo della piccola, che impercettibilmente prende le misure di grettezza e cinismo, realisticamente distratto da aquiloni e barchette giocattolo, marca il confine tra pellicola e pagina scritta: in quest’adattamento contemporaneo del romanzo di Henry James non sappiamo mai, davvero, quel che sa Maisie, ma quello che vede, lo vediamo con lei. E, come lei, sentiamo pungere la solitudine e la disillusione.
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