Regia di Scott McGehee, David Siegel vedi scheda film
Pellicole poco appariscenti, quelle sulle quali forse non ci si tuffa il primo giorno di programmazione, grazie alla rarefazione estiva delle nuove uscite riescono a rimanere in sala più a lungo di quanto non sarebbe stato possibile nel pieno della stagione. E’ questo il caso anche di “Quel che sapeva Maisie”, ritratto newyorkese di bambina con separazione dei genitori in atto, che è resistito in sala alcune settimane.
Con il pregio dell’onestà, ovvero senza promettere più di quel che mantiene, questa trasposizione di un romanzo di Henry James nella grande mela dei nostri giorni si rivela un lavoro sincero, anche se piuttosto prevedibile nello sviluppo e con qualche passaggio frettoloso, ma impostato con sobrietà e senza cadute di tono, che riesce a mantenersi libero dai cliché del mainstream americano (sui quali ammetto di averlo atteso cinicamente al varco), dimostrando invece sensibilità e una certa freschezza.
La strategia di adattamento elaborata dalla giovane Maisie è semplice e funzionale: gli incomprensibili casini degli adulti vanno presi come un dato di fatto e, anziché disperarsi, è meglio cercare di prendere quel che di buono ognuno di loro ha da offrire, ricavandone così un puzzle affettivo tutto sommato passabile. Ritratta soprattutto attraverso i suoi silenzi, che sembrano cogliere la sostanza degli avvenimenti anche se non proprio di tutti i dettagli, la piccola è felicemente lontana dal modello ruffiano-ricattatorio del bambino medio di Hollywood, e senza fare né dire nulla di eccezionale dimostra però una credibile intelligenza comportamentale: sa isolarsi per poter continuare a giocare anche mentre i genitori urlano, ha imparato a rispondere agli adulti in modo da non deludere le loro aspettative e, anche se ancora incapace di razionalizzare perfettamente gli eventi, reagisce emotivamente in modo costruttivo ricompensando con il suo affetto tutti coloro che con buone intenzioni (e risultati variabili) si affacciano nella sua vita.
I “grandi” dal canto loro sono in balìa di amarezze e delusioni, cercano di rassicurare Maisie ripetendole continuamente - e sinceramente - che le vogliono tanto bene, ma quando si tratta di passare dalle parole ai fatti più dei suoi genitori si dimostrano maturi e presenti i loro nuovi compagni, due giovani ancora abbastanza puri da riuscire a relazionarsi con la bambina in un modo sano, come nella convincente scena in cui il fidanzato della madre si diverte a disegnare coi pastelli insieme a Maisie riuscendo, da perfetto estraneo, a stabilire un contatto positivo con lei.
Attorno a loro New York, ripresa nella sua involontaria bellezza come fosse una città qualunque, così come deve presumibilmente essere per chi ci abita. Un piccolo film dallo spirito giovane, che non dissimula i suoi limiti, e che mi ha lasciato una buona sensazione.
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