Regia di Cate Shortland vedi scheda film
Il candidato australiano agli Oscar 2013 è una storia tedesca. Cate Shortland si ispira al romanzo di Rachel Seiffert per raccontare un’avventura amara di fine guerra, quando l’arrivo della pace segna soltanto l’inizio del dramma del ritorno a casa e della riflessione sugli errori commessi: soffrire la fame, la perdita dei propri cari, e allo stesso tempo scoprire che odiare è sbagliato. La giovane Hannelore Dressler, figlia di un ufficiale delle SS, vive i giorni della capitolazione come un doloroso momento di passaggio, in cui, per la prima volta, si trova dalla parte delle vittime, dei poveri, dei senzacasa, dei profughi, dei disperati costretti a rubare per poter portare alla bocca un tozzo di pane. Dopo l’improvvisa separazione dai genitori, entrambi ricercati per la loro attiva adesione al nazionalsocialismo, Lore ed i suoi quattro fratelli più piccoli sono costretti a fuggire, attraverso la Germania occupata dalle truppe russe ed alleate, per raggiungere la nonna materna, che vive nei pressi di Amburgo. Il viaggio, compiuto a piedi e senza bagaglio, si trasformerà subito in una sfida per la sopravvivenza, accompagnata da una dura presa di coscienza riguardo agli atroci risvolti dell’ideologia alla quale i ragazzi erano stati educati. La terra, intorno a loro, reca ovunque i segni della devastazione causata, in maniera più o meno diretta, dalla follia hitleriana: uomini e cose ridotti a rottami, ammassati nei luoghi più improbabili, privi di un’identità o dotati di nomi provvisori, usati come salvacondotti per estorcere un po’ di pietà. Lore è la giovane ariana che cammina per la campagna affondando i piedi nel fango, graffiandosi il viso con i rami degli alberi, e perdendo i colori vividi e rosati delle icone femminili del Terzo Reich. La sua immagine si riempie di macchie livide, le stesse che compaiono sulla pelle dei cadaveri abbandonati, riversi al suolo come stracci, tinti di putridume e sangue rappreso. C’è una morte vicina, concreta, tangibile, che Lore incontra sul cammino, che la fa rabbrividire e le trasmette il suo odore. Le rimane attaccata addosso, come un rimorso che la affligge per le colpe altrui, quelle dei padri che ricadono sui figli, il che, in questo caso, non è un modo di dire. C’è anche la morte lontana, quella di cui si sente parlare, e che si vede ritratta nelle foto dei campi di sterminio, in cui tutto è così estraneo all’umanità da sembrare finto, costruito ad arte con l’intenzione perversa di mettere in scena l’impossibile. La carne di Lore, sporca, ferita, stanca, diventa tutt’uno con quella urlante testimonianza dell’assurdo, dell’orrore partorito in segreto dai grandiosi sogni di gloria, e dalla fede nella vittoria finale. Il paradosso scava in lei come un parassita, venuto ad attaccarla a tradimento: è terribilmente spiazzante la scoperta di potersi innamorare di uno sconosciuto, un altro vagabondo disgraziato che un giorno capita, sulla sua strada, con una stella gialla dentro i documenti ed un numero tatuato sull’avambraccio. Un giovane che può significare la salvezza, ma può diventare un assassino, e forse è dedito alla menzogna. Esattamente come lei, e come chiunque altro, la cui coscienza venga messa a tacere dalla necessità. Questo film è pieno del silenzio che azzera le certezze e spalanca un’agghiacciante prospettiva sul vuoto: i punti di arresto della Storia sono parentesi di inferno senza fiamme e senza lamenti, dove le anime perse, diventate cieche, si aggirano a tastoni alla ricerca di una nuova speranza a cui aggrapparsi. La macchina da presa si muove con passi stentati e con lo stesso tocco esitante, tanto desideroso quanto maldestro e insicuro. La paura di infrangere il muro della verità accomuna regia e personaggi: è quanto occorre ipotizzare per non scambiare per indecisione tecnica quella che forse è soltanto la partecipazione ad uno sconfinato disorientamento: il tentennare in punta di dita che prelude all'avvento di una nuova era.
La scrittrice Rachel Seiffert è nata nel 1971 ad Oxford. I suoi genitori sono di origini tedesche ed australiane. La regista australiana Cate Shortland, classe 1968, dopo alcuni cortometraggi e diverse produzioni televisive, ha debuttato al Festival di Cannes con Somersault (2004). Lore è il suo secondo lungometraggio.
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