Regia di Steno vedi scheda film
Operaio, comunista ed ex pugile (Renato Pozzetto), salva Claudio (Massimo Ranieri), omosessuale, da un pestaggio e lo porta a casa sua. Tra portiera pettegola, colleghi impiccioni e fidanzata sospettosa, Gandi passerà per l’amante di Claudio e dovrà convincere gli altri che si tratta solo di un malinteso…
Molta lentezza e poche battute memorabili (la carta vincente di molti dei film di Pozzetto): questo in soldoni il ritratto di “La patata bollente”, un’opera minore nella filmografia dell’attore lombardo, uno di quelli che si eleva rispetto ai prodotti grotteschi con poca distribuzione (e poco appeal), come “Oh, Serafina!” o “Io tigro, tu tigri, egli tigra”, e va verso i grandi successi degli anni ’80, come “Il ragazzo di campagna”, “Un povero ricco”, “La casa stregata”, “E’ arrivato mio fratello”.
La tematica dell’omosessualità, che grazie a “Il vizietto” (di pochi mesi precedente) e un certo tipo di politica post-sessantottina in voga negli anni ’70 si stava provando a sdoganare, è comunque ancora delicata e difficile da trattare (il finale in cui Claudio per vivere felice va in Olanda ha un senso da questo punto di vista); inoltre gli sceneggiatori pur avendo il merito di non scendere nella trivialità, dimostrano di trattare il tema senza particolare tatto, né cognizione di causa, cedendo spesso al puro macchiettismo con cui vengono tracciati certi aspetti. La Fenech, rossa e riccia, concentra il solito nudismo esibito ampiamente in tutti gli altri suoi film in un paio di scene, tutte di livello erotico altissimo (il tentato sesso in vasca da bagno e la prova di virilità alla festa del primo maggio). Non certo il miglior film con Pozzetto, nonostante la regia del navigato Steno regga il tutto con discreta maestria.
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