Regia di Pierre Coffin, Chris Renaud vedi scheda film
La moda del cattivo. Come a volersi chiedere se è davvero corretto e apprezzabile l'infantile manicheismo di certe opere d'animazione, alcune recenti pellicole hanno provato a prendere un cattivo e a farlo buono, sulla strada di divertenti redenzioni fantasiose, dal simpatico "Megamind", anche se al suo interno c'erano troppo "Gli Incredibili", fino al bellissimo "Ralph Spaccatutto", dove addirittura la narrazione nasceva in funzione delle ristrette leggi dei videogiochi, con una divisione netta fra buoni e cattivi voluta da menti superiori (umane, ma non lo si esplicita), senza possibilità di rendenzione. Qui, con "Cattivissimo me 2", non siamo certo ai livelli del piccolo gioiello di Rich Moore. I due registi di questo sequel (e anche del primo capitolo) mirano al puro intrattenimento, riproponendo più volte e con un'efficacia altalenante gag demenziali addirittura scatologiche (niente di anormale, ma i riferimenti a "pupù" e "puzzette" si sprecano, anche se raramente riescono anche a fare ridere) ma generalmente inoffensive. E se il divertimento non è costante, ne risente anche il ritmo, incalzante in più punti e altrove più trascinato. Anche se "Despicable Me 2" non si spreca in moralismi (nei cartoni animati inevitabili) tirati per le lunghe, regna più volte il senso di già visto, a partire dall'idea di un seguito più movimentato del primo capitolo (già questo c'era in "Cars 2" con un risultato superiore), fino alle scoperte varie dell'amore e dell'adolescenza, tematiche ridondanti e riscontrate anche troppo spesso nell'animazione. E non si critichino tali pretese perché rivolte a un genere "di per sé limitato": l'animazione è in realtà una forma purissima di cinema, in cui le idee dovrebbero essere molto più ben sfruttate, e la libertà immaginativa non coincide mai con la facilità di ideazione di nuove trame e nuovi personaggi. C'è però una "pars costruens", per quanto riguarda questo luminosissimo sequel: a parte il fatto che i bambini si divertono da morire, ci sono anche da ammirare le evoluzioni tecnologiche nei riguardi dell'animazione, limpida e pulitissima, priva di sbavature, quasi perfezionista, a completare un discorso che iniziò la Pixar e che di recente ha aggiornato la Dreamworks con "Dragon Trainer": se il 3D riguarda più che altro le ultime gag dei Minions nei titoli di coda, il resto del film è una baraonda di colori e di volteggianti disegni in movimento che riescono ancora ad incantare gli spettatori del 2013. Indubbia poi la forza comica dei Minions, i piccoli nanetti gialli che dicono in media una parola sensata e dieci smorfie, qui ben più sfruttati che nel primo capitolo, e anche forse causa dell'incostanza dell'intrattenimento: togliendo loro la scena agli altri personaggi, si finisce per aspettare solo la loro comparsa, verso la fine la loro esilarante trasformazione, e la loro prossima gag. Così è difficile resistere alle canzoni finali, raro esempio al cinema di come si possa davvero ridere a crepapelle senza mai fermarsi (forse solo "Piovono polpette" e i titoli di coda di "Koda fratello orso" arrivavano a questi livelli). Niente di eclatante, non sempre coinvolgente, ma una gioia per gli occhi sicuramente.
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