Espandi menu
cerca
Pat Garrett e Billy the Kid

Regia di Sam Peckinpah vedi scheda film

Recensioni

L'autore

SredniVashtar

SredniVashtar

Iscritto dall'8 febbraio 2013 Vai al suo profilo
  • Seguaci 2
  • Post -
  • Recensioni 101
  • Playlist -
Mandagli un messaggio
Messaggio inviato!
Messaggio inviato!
chiudi

La recensione su Pat Garrett e Billy the Kid

di SredniVashtar
8 stelle

They say that Pat Garrett's got your number...

Per chi - come me - era abituato agli spaghetti-western, o persino al Sergio Leone delle facce sudate e non rasate, la comparsa di questo Pat Garrett & Billy the Kid (1973) rappresentò uno shock culturale. “Sporco” è l’aggettivo che meglio sintetizza l’atmosfera, l’ambientazione, il paesaggio. Brutti, sporchi e cattivi sono i personaggi, nessuno dei quali ambisce a fare l’eroe. La storia epica di Billy the Kid qui viene tradotta in una faccenda sordida e minimale, legata non alla giustizia ma all’interesse, e assai più vicina ai documenti autentici disponibili sul bandito che tutta l’iconografia precedente. Anzi, Peckinpah già ci fa un’eccessiva concessione estetica, fornendo al Kid le fattezze di un occhiceruleo Kris Kristofferson, quando l’originale era invece uno stortignaccolo autistico, con la faccia da rana, i denti storti e le spalle impercettibili e cascanti. Ma questo è tutto, il resto è (giustamente) fango. Siamo lontani un milione di miglia da Clint Eastwood e almeno mezzo da Charles Bronson. Gli amici del Kid sono brutti (e sporchi, e ignoranti), così come le donne e gli antagonisti (salvo James Coburn, che brutto non può risultare, per quanto si sforzi).

La trama è lineare e documentata sugli ultimi giorni di Billy, salvo l’introduzione di Alias/Bob Dylan che nella realtà non c’è… ma come potevi chiedere a chi ha scritto una tale colonna sonora di farsi da parte? Già: la colonna sonora. Oltre alla celeberrima Knockin’ on Heaven’s Door - nel film impiegata in una scena del tutto trascurabile - la pellicola si snoda, si intreccia, si avvale di musica e canzoni di un Dylan in stato di grazia, che ha fornito testi ad hoc per la vicenda, cantati con un tono ruvido e graffiante perfettamente in linea con il girato.

Nel complesso un film unico, a tratti antipatico, duro com’era giusto fosse. Non c’è pace, tra gli ulivi. Ma nessuno l’ha chiesta, e nessuno l’ha concessa.

Da vedere.

 
 
 
Ti è stata utile questa recensione? Utile per Per te?

Commenta

Avatar utente

Per poter commentare occorre aver fatto login.
Se non sei ancora iscritto Registrati