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Pat Garrett e Billy the Kid

Regia di Sam Peckinpah vedi scheda film

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La recensione su Pat Garrett e Billy the Kid

di scapigliato
8 stelle

Si può solo rimanere a bocca aperta ammirando questo quadro in movimento che è uno dei tanti capolavori di Sam Peckinpah. Volutamente senza eccessive profondità di campo, come nota il Caprara, le immagini ci appaiono tutte sullo stesso piano, portandoci lentamente in una tragedia annunciata. Il sadismo e la violenza esplicita, tipiche del regista, sono qui più calme, tranquille, come per non rubare la scena ad una violenza altra, forse ancor più straziante: due vecchi amici che devono uccidersi. Pat Garrett uccidendo Billy, uccide se stesso, come ci aiuta a capire il regista con il famoso specchio che Garret/Coburn rompe dopo aver ucciso l'amico. Ma non solo, credo che annienti se stesso insieme ad ogni idea di collettività. Un'anarchia che se la troviamo inizialmente solo in Billy, alla fine non possiamo fare a meno di vederla in ogni cosa. Tutto s'è perso, e tutto s'è corrotto, sembrano dirci le immagini, che nella loro lentezza, nella loro bellezza, e nella loro colonna sonora emozionante, preservano una "sospensione" esistenziale tipica dell'uomo immerso nel dubbio e nel disagio. C'era anche in "Il Mucchio Selvaggio", ma a quell'epoca c'era ancora tempo per reagire con brutalità. Qui invece, Pat Garrett se ne va silenzioso senza lasciarci intendere nulla: né se è dispiaciuto, né se invece è contento. Se ne va e basta, con quel bambino che lo odia e lo prende a sassate. Grazie al genio musicale di Bob Dylan il film assume un'espressione altissima, fondendo insieme il fascino delle immagini e del west, con l'emozione di musiche che ti entrano dentro tatuandoti il sangue (se fosse tatuabile).
Come Clint Eastwood dice "Io non so niente", oppure "Io non capisco me stesso", qui sembra che il nodo della dialettica sia "Le cose cambiano". Il grande e monumentale Coburn afferma che se si è venduto a Chisum è perchè "Questo paese sta invecchiando e io voglio invecchiare con lui". Mentre il mitico Kris Kristofferson, che da volto e anima a Billy the Kid, sostiene invece che "Le cose sono cambiate, ma io no". E infatti muorirà. Ma questo è un atto d'amore, non la rappresentazione di una sconfitta giusta. I perdenti affascinano di più degli eroi, perchè nella sconfitta si è molto più liberi che nella vittoria. Credo che il vecchio Sam la pensasse così, o almeno mi piace pensarlo. Garret è ruvido, monolitico, un tipo che si crede eroe e che va ad uccidere la parte più bella e giovane di sè, quel Billy the Kid individualista e anarchico, ma non politico, che non crede alle gabbie mentali, ma fa lo sbaglio di dimostrarlo autodistruggendosi. Se c'è un vincitore in questo film è lo spettatore, che davanti alle cose che cambiano, forse s'aggrappa a quegli scenari immensi ed eterni perchè nulla cambi davvero. E davanti alle cose che cambiano, ci rimane un vecchio che sprona Garrett ad uccidere Billy, dicendogli: "Su, fatela finita!". Indicativo che quel vecchio sbucato fuori dal nulla, sia lo stesso, mitico, grande ed immenso, Sam Peckinpah.
La lucida fine del mondo interiore, dell'uomo e del suo simile più vicino, l'altro uomo tuo amico. Amaro fin dalle prime battute, il film non credo tenda al pessimismo quanto alla mitizzazione silenziosa e umile di veri e propri antieroi, quali che sono tutti i perdenti, soprattutto quelli di Peckinpah. Perdenti sì, ma che camminano ancora a testa alta, perchè il loro mondo non è questo, e poco l'importa se il mondo non li accetta. A loro basta guardare la frontiera, e camminarci sopra.

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