Regia di Régis Roinsard vedi scheda film
Anni ’50: la figlia di un droghiere di provincia sogna di fare la segretaria per raggiungere l’indipendenza economica; il suo capufficio ne nota l’abilità con la macchina da scrivere e la fa partecipare a gare di velocità. Commediola innocua, ma meno scema di quanto il soggetto lascia pensare: ci riporta a un’epoca in cui saper battere a macchina ha significato per molte donne la possibilità di emanciparsi, e fa venire in mente certe considerazioni di McLuhan ne Gli strumenti del comunicare (“le schiere uniformi delle eleganti dattilografe resero possibile una rivoluzione nell’industria dell’abbigliamento. Ciò che la dattilografa indossava voleva indossarlo anche la figlia dell’agricoltore, in quanto la dattilografa era un simbolo popolare d’iniziativa e di abilità”). Un’operazione gradevolmente vintage, con dialoghi pimpanti e una colonna sonora accattivante (immancabile, ovviamente, il Cha cha cha della segretaria); peccato solo che voglia strafare mettendo troppa carne al fuoco con il personaggio di lui (l’esperienza traumatica della Resistenza, un amore perduto ma mai dimenticato), e che pecchi di prolissità verso la fine. Sempre incantevole Déborah François, ancorché penalizzata da acconciature e abbigliamento d’antan; sempre il solito pesce lesso Romain Duris, che almeno è funzionale allo scopo: l’obiettivo era farli assomigliare a Zellweger e McGregor di Abbasso l’amore, e può dirsi raggiunto.
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