Regia di Régis Roinsard vedi scheda film
Accurata ricostruzione dei sogni femminili nella provincia francese alla fine degli anni ’50, quando i modelli della commedia rosa del cinema americano cominciarono a imporsi anche in Europa, indicando alle giovani donne la via d’uscita dalla subalternità familiare: prepararsi al lavoro più ambito per loro, quello della segretaria.
Régis Roinsard, alla sua prima regia, presenta la vita sonnolenta di una realtà paesana in bassa Normandia, quando le ragazze venivano educate - secondo la volontà dei padri e nel rispetto delle tradizioni - per sposarsi, raccontando la storia di Rose Pamphyle, giovane figlia del proprietario di un bazar di paese.
Rose (Déborah François) è destinata a un buon matrimonio, col meccanico locale, per il quale tutto è già predisposto senza il suo consenso: la poveretta, infatti, non solo non ne vuol proprio sapere, ma sta imparando a scrivere a macchina per rendersi indipendente dalla tutela paterna e andarsene a vivere nella vicina città di Lisieux, magari facendosi assumere come segretaria dall’assicuratore Louis Echard (Romain Duris) che ne cerca per l'appunto una.
La giovinetta non ha le doti di una grande segretaria, ma è una dattilografa velocissima, anche se usa due sole dita. Questo suscita subito l’interesse di Louis, che ha in mente un ambizioso progetto: farla gareggiare nei campionati di velocità dattilografica regionali e nazionali in vista dei campionati mondiali negli Stati Uniti.
All’epoca le gare di questo tipo erano seguite da migliaia di tifosi, dagli amici, ai familiari, ai colleghi, fino ai sindaci, o addirittura alle autorità nazionali, perché, come bene spiega il film nel suo svolgersi, il premio non era solo il suggello di una gara sportiva, ma costituiva la premessa di affari colossali grazie all’enorme ritorno pubblicitario per i modelli delle macchine usati dalle campionesse.
La piccola storia della tenacia di Rose, che si esercita per vincere le gare di dattilografia fino allo stremo delle forze, si intreccia con la sua fermissima volontà di conquistare Louis: veniva dato per scontato, infatti, a quei tempi, che una brava segretaria cercasse di far innamorare di sé il capo e se lo sposasse, cosicché la rivalità fra le aspiranti segretarie al momento dell’assunzione era fatta anche di colpi di rossetto e di spazzola, di abitini col vitino di vespa e con la gonna scampanata.
Il film ci riporta con precisione quasi filologica e con molta ironia agli abiti, alle pettinature, ai tacchi a spillo, agli arredi, ai bijoux, agli stereotipi e alla mentalità di quegli anni, in cui insieme alle giovani, decise a vivere del loro lavoro, altre donne, appena più vecchie di loro, sono ancora legate all’immagine della casalinga coi bigodini in testa. Sono lontani gli anni del femminismo e delle rivendicazioni che ne seguirono, ma le ragazze che avevano imparato a vincere le loro rivali con grinta e anche con una certa dose di sorridente ferocia, presto impareranno ad attrezzarsi per lotte molto più decisive.
Grazioso film-commedia sentimentale che raccontando con grazia e levità sorridente, senza troppe sdolcinature, una storia irrimediabilmente lontana, riesce a farla vivere, collocandola, come in un cannocchiale rovesciato, in un mondo favoloso, quando le donne cominciavano appena a uscire dal bozzolo soffocante che in Normandia o altrove le aveva avvolte, anche lanciandosi a ballare il Cha-cha-cha de la sécrétaire.
Ancora una volta il titolo italiano si distingue per improprietà: l’originale Populaire (che era il nome della macchina che a Rose aveva garantito i premi più ambiti) pareva brutto?
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