Trama
Martin Kazinski è un umile lavoratore, una persona che passa inosservata tra la folla. Una mattina, come di consueto, prende la metropolitana ma le persone cominciano a fissarlo con insistenza: uno sconosciuto lo avvicina per chiedergli un autografo, un altro vuole farsi fotografare accanto a lui e un altro ancora vorrebbe solo stringergli la mano. In un primo momento, Martin crede che si tratti di uno scherzo ma poi si rende conto che il suo nome è su tutti i giornali e il suo volto su tutte le televisioni: improvvisamente è diventato famoso ma non ne capisce il perché. Va alla ricerca di possibili spiegazioni logiche ma la sua fama continua a crescere in maniera esponenziale: più cerca di rientrare nell'anonimato e più diviene famoso, intrappolato da un circuito mediatico senza fine.
Approfondimento
L'IMPROVVISA CELEBRITÀ
Uno sconosciuto diventa improvvisamente celebre senza saperne il perché. Oltre ad essere il tema di uno degli episodi di To Rome with Love di Woody Allen, è anche la trama principale del romanzo L'idole, pubblicato nel 2005 da Serge Joncour e fonte di ispirazione per Xavier Giannoli. profondamente turbato dalla possibilità che un emerito sconosciuto si ritrovi a vivere le conseguenze di una popolarità non programmata, Giannoli decide di usare il libro come punto di partenza per un lungometraggio in cui però propone una storia molto diversa, con personaggi, situazioni e toni differenti che assicurano un'atmosfera assurda ma al tempo stesso reale. La vicenda di Superstar ha inoltre qualche punto in comune con Á l'origine (2009), il precedente film del regista che raccontava la storia di un individuo scambiato per errore con qualcun altro: anche in quel caso illusione, identità fittizia e incomprensione fanno da sfondo al precipizio che si crea tra il singolo individuo e la società circostante sempre più vampirizzante. Il titolo Superstar fa invece riferimento a una canzone dei Carpenters, ripresa anche dai Sonic Youth. La canzone raccontava del folle amore nei confronti di una vera star, termine che nel corso degli anni secondo Giannoli ha perso ogni valenza semantica a causa delle logiche del profitto che tendono a vendere come "star" anche illustri sconosciuti passati all'onore delle cronache più per qualche scandalo che per meriti artistici o talento.
UNA VICENDA KAFKIANA
A differenza del protagonista di Reality di Matteo Garrone, Martin non vuole essere famoso e si ritrova a vivere una situazione che non ha mai desiderato. Dopo anni in cui chiunque ha cercato i propri 5 minuti di celebrità ricorrendo anche ad espedienti di cattivo gusto, Martin è un'icona contemporanea, il simbolo dell'uomo che si accontenta di vivere nella propria mediocrità, senza riflettori puntati addosso. Attorno a lui viene costruito quello che in gergo mediatico si definisce "evento", creando una spirale senza fine in cui ad essere imprigionata è in primo luogo l'intelligenza di coloro che hanno creato e che seguono l'evento stesso. Dopo la sua prima intervista televisiva, a cui partecipa per chiedere di essere lasciato in pace, la sua situazione si ribalta, complici anche le domande del conduttore tv e una sua infelice affermazione dapprima amato e celebrato, finisce con l'essere poi linciato e odiato, anche in questo caso senza una vera ragione di fondo. Mentre all'inizio Martin non è seguito per strada perché è famoso ma è famoso perché lo seguono per strada, subito dopo la trasmissione tv viene ritenuto come colui da distruggere o evitare, costringendolo ad affrontare e rifuggire una fama ancora maggiore di quella di prima. In un certo senso, Martin è come il Gregor Samsa trasformato in insetto in Le Metamorfosi di Kafka: come lui, subisce una trasformazione misteriosa le cui conseguenze sociali aprono una vertigine esistenziale che porta all'angoscia, alla paranoia e alla paura degli altri e di se stesso.
SCHIAVI DELL'EVENTO
Superstar non è un atto d'accusa contro i media, internet o la follia cieca di una società contemporanea alla deriva. Giannoli non ha voluto rintracciare un colpevole ma si è limitato a raccontare come nasce e si evolve il processo di formazione di una star. Il ritmo della storia è veloce e concitato per restituire allo spettatore il tumulto e la tensione che vive Martin, accerchiato da una forza invisibile e minacciosa veicolata anche attraverso l'uso che le persone fanno dei social network come Facebook e Twitter. Le musiche invece ricordano quelle dei film di spionaggio, tese a sottolineare la suspense e i momenti in cui Martin cerca di capire chi o cosa lo abbia portato a vivere quell'improbabile intreccio di eventi e quel radicale cambiamento della sua esistenza non deciso da lui. Nonostante la serietà dell'argomento trattato i toni sono spesso divertenti. Grazie anche al supporto dell'interpretazione di Kad Merad, Giannoli ricorre a un mix di umorismo ricercato ed emozioni che rendono comiche le situazioni anche più crudeli. Rapidamente il personaggio diviene toccante: è un uomo che viene derubato del proprio io, che perde il controllo della propria sfera decisionale e che cerca di mantenere la dignità anche in un momento di crisi, divenendo metafora della paura diffusa di non essere più padroni della propria vita nel cataclisma economico e vuoto ideologico del Duemila.
Per la costruzione del personaggio della giornalista Fleur, interpretato da Cécile De France, il regista si è fatto aiutare dall'amica Cathy Mespouléde, grande giornalista televisiva francese che lo ha fatto incontrare con decine di professionisti del campo. L'ambiente con cui Giannoli è entrato in contatto ha generato la descrizione satirica e mai caricaturale di Fleur, che fisicamente ricorda la Mespouléde ma che nasconde nello sguardo il risultato di anni in cui la sua professionalità e non conformità sono state fortemente limitate e danneggiate. Tra lei e Martin si crea un legame di umanità che finirà per cambiare le esistenze di entrambi, sebbene non si possa parlare di amore.
Note
Il regista, sceneggiatore e produttore francese, habitué del Festival di Cannes (questa volta, arrivato al quinto lungometraggio, era in concorso alla Mostra di Venezia 2012), si affida troppo alla propria abilità nel cesellare dialoghi brillanti e si intestardisce in una didascalica contrapposizione tra l’isteria contemporanea da talk show e il pudore di un brav’uomo che vuole solo essere se stesso. Funziona invece l’alchimia tra Kad Merad, il fragile, perplesso Martin, «l’uomo che diventa celebre perché non vuole esserlo», e Cécile De France, nei panni di una giornalista televisiva in crisi di coscienza. Vale comunque la pena dargli un’occhiata, anche se il finale vi farà arrabbiare.
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