Regia di Carl Theodor Dreyer vedi scheda film
Immensa lezione di cinema.
L’intero processo, a cui è stata sottoposta Giovanna d’Arco, messo in scena secondo quanto riportato dai documenti ufficiali dell’epoca.
Un ottimo esempio dell’ennesimo caso in cui le autorità verso l’imputato appaiono piuttosto come sadici bulletti al parco infierenti sull’inerme malcapitata vittima, perché lo stesso regista lo afferma proprio nei titoli di testa assieme alle didascalie di presentazione, ci si vien da chiedere dopo il primo quarto d’ora perché degli alti membri, di quella che era l’importante istituzione della chiesa, possano goderci a tal punto nell’imporsi su quella che in fin dei conti si rivela essere una semplice ragazzina. La cronaca di una ridicola perdita di tempo, l’esempio di una mente violata, prima esaltata e poi devastata dai suoi torturatori.
Uno di quei casi dimostrativi di come il cinema riesca nel proprio risultato finale a trascendere le capacità stesse del regista, che comunque in quanto tale ci mette sempre lo zampino. Parlo nel caso specifico della direzione degli attori ottima ma dove la Falconetti d’Arco ci mette del suo oltre ogni ortodossa previsione, interpretazione intensa al punto che lei stessa uscì dalla lavorazione del film letteralmente distrutta. Prima quasi estatica, poi vividamente provata dal processo, capace di sprazzi di vitalità dai quali lo schermo viene letteralmente squarciato, poi in lacrime quasi disposta a rinnegare sé stessa dopo ore di violenze psicologiche.
Le inquadrature tese a rendere il distorto clima disagiato, i movimenti di macchina arditi all’inseguimento di quei monaci che sull’imputata fanno come le iene sulla carogna, il fastidioso serrato montaggio: fa tutto parte del novanta per cento degli aspetti tecnici del cinema che va da lì agli ultimi novant’anni, una pellicola che oltre ad aver fatto scuola è tutt’ora inarrivabile come precisione ed eleganza.
Quasi un film dell’orrore dove gli accusatori sono brutti ed inquadrati dall’alto dimodoché siano ben visibili i solchi sui loro visi mentre la pelle liscia di Giovanna d’Arco è inquadrata da davanti, sulla sua faccia non ci sono ombre quasi fosse una santa. Solo il grigio si colora pian piano al piegarlesi del collo, quando comincia ad accorgersi di essere intrappolata in una situazione da cui nessuno la salverà.
Un film universale dal disturbante tono sempre attuale perché non ci sono chissà quali dettagli, che siano scenografie sontuose o particolari orrendi, bensì visi, facce sovrapposte in un serrato dialogo scandito da un esasperante montaggio da poliziesco. Un messaggio forte che passa dalla violenza delle parole, all’idea terribile che dà l’immagine della camera delle torture fino alla violenza vera, fino al massacro finale emblematico per comprendere che la vita spezzata di una ragazzina – qualunque sia la motivazione anche divina – non può lasciare indifferente la folla assetata di vendetta.
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