Regia di Carl Theodor Dreyer vedi scheda film
Rispetto ai successivi film sonori di Dreyer, trovo che manchi qualcosa (forse le parole...); e infatti leggo sul Mereghetti che il regista avrebbe voluto utilizzare il sonoro, ma non poté “per problemi tecnici”. La recitazione, severa ed essenziale, finisce per risultare enfatica anche rispetto agli standard del cinema muto: aspetto accentuato dai lunghi primissimi piani sul volto spiritato della protagonista e su quelli corrucciati dei giudici, che danno un’impressione di estrema staticità (esagerando un po’, direi che si tende a negare lo stesso concetto base del cinema, quello di immagini in movimento). Certo, resta la raffigurazione di una ragazza indifesa di fronte ai paludamenti del potere e la sua esplicita assimilazione a Cristo (il riferimento del titolo alla “passione”, la struttura processo + morte, la corona come pretesto per una scena burlesca: sembra di assistere a una sacra rappresentazione); ma in tema di donne al rogo Dreyer farà molto meglio in Dies irae. La versione lunga non aggiunge gran che, dal lato visivo, a quella circolante fino agli anni ’80; cambia invece parecchio il ripristino della colonna sonora originale, aspra e dissonante, rispetto a quella che l’aveva sostituita, formata da una scelta di musiche classiche molto più soft.
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