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Romeo & Juliet

Regia di Carlo Carlei vedi scheda film

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La recensione su Romeo & Juliet

di miss brown
3 stelle

Breve introduzione autobiografica. Anni fa lavoravo nell'abbigliamento; un giorno un importante produttore di maglieria in filodiscozia, un filato di cotone costoso ma stupendo, così lucido e sottile da sembrare seta, propose una linea realizzata con quello stesso filato, ma trattato, o meglio maltrattato, gonfiato, opacizzato, reso in apparenza spezzato e irregolare, in modo da somigliare a quelle t-shirt da bancarella 3 maglie=10 euro. Davanti al mio sguardo esterrefatto dichiarò che lo faceva perché così richiedeva il mercato, era un prodotto destinato ai ggiovani.

Esattamente lo stesso ragionamento devono aver fatto i produttori di questo ROMEO & JULIET, fra i quali brilla, è il caso di dirlo, la Swarowski (esatto, quella della bigiotteria di lusso e dei gattini-cigni-bomboniere che infestano da sempre tavolini e console delle zie). Hanno perciò deciso di assoldare lo sceneggiatore Julian Fellowes - noto per avere tratto dal bel romanzo di Margaret Powell AI PIANI BASSI la serie DOWNTON ABBEY, trasformandolo in un'indecente telenovela - e anziché di "attualizzarlo" (l'aveva già fatto meravigliosamente Baz Luhrmann nel 1996) gli hanno chiesto di "volgarizzare" William Shakespeare. E lui ha compiuto il suo dovere in modo letterale, stuprando la lingua del Bardo come il più spietato dei lanzichenecchi. Via tutti quegli aggettivi, le fastidiose metafore, i giochi di parole e le figure retoriche; e i versi poi: non è mica un musical! Ha utilizzato un vocabolario di 1.000 parole, con un risultato talmente deprimente che al confronto i fotoromanzi della Lancio sembrano scritti dal Manzoni.

Alla regia c'è Carlo Carlei, che evidentemente vive ancora di rendita sulla sua opera prima LA CORSA DELL'INNOCENTE, per qualche misteriosa ragione candidato ai Golden Globe del '92. A parte il mediocre FLUKE del '96 (Matthew Modine era un ubriacone che si reincarnava in un cane per restare vicino al figlioletto!!!) non sono riuscita a scoprire che cosa abbia combinato all'estero per essere tanto universalmente stimato da affidargli una produzione evidentemente costosa come questa. So solo che in Italia i suoi massimi successi sono stati le miniserie tv PADRE PIO (2000) e FERRARI (2003), entrambe con Sergio Castellitto. Convenzionali e noiosette, soffrono dello stesso difetto di questo film: uno stile calligrafico, effettistico, compiaciuto e fastidiosamente didascalico.

Per interpretare i protagonisti sono state chiamate due stelle nascenti: l'allora 15enne (il film è stato girato nel 2012 e fin'ora ci era stato risparmiato) Hailee Steinfeld, nota per la sua fulminante interpretazione di Mattie Ross ne IL GRINTA che le valse una nomination all'Oscar, e per nient'altro. E il bellissimo 20enne inglese, specializzato in drammoni di stampo tv, Douglas Booth: bellissimo e basta, lo si era già constatato nei precedenti GRANDI SPERANZE e I PILASTRI DELLA TERRA e il successivo NOAH. Entrambi sono totalmente inespressivi, si limitano ad aggrottare o sgranare gli occhioni e arricciare le boccucce corrucciate. Incapaci evidentemente di piangere, il truccatore è stato obbligato a fare largo uso di vaselina a simulare le lacrime, ma forse era malato e ha mandato suo cuggino, perché si vede eccome: il digitale non perdona.

Sprecati nelle parti di contorno molti bravi attori: eccellenti come sempre Damian Lewis (il machissimo padre di Giulietta) e Paul Giamatti (padre Lorenzo) e tenerissima la balia di Leslie Manville. Deludente invece il cast di giovani, litigiosi e perennemente ingrugnati e nient'altro, ad eccezione del misurato e ottimo Benvolio di Kodi Smith-McPhee (cresciuto bene da quando lo vedemmo bambino in THE ROAD). Complimenti comunque al maestro d'armi, i duelli sono ben fatti e per una volta non somigliano a risse da bar.

E' stato girato interamente in Italia, all'interno di splendidi edifici antichi fra Verona, Mantova e Padova, ma abbelliti e ritoccati e con una scelta coloristica chiassosa, al punto che più che in edifici del '600 sembra di essere a Disneyland, o peggio: a Las Vegas. Non ci viene risparmiato nessun lezioso stereotipo, dall'enorme luna piena e gialla, al proverbiale balcone così strapieno di rose rampicanti da chiedersi come abbia fatto il povero Romeo ad arrampicarcisi senza riempirsi di spine. Insopportabilmente ingombranti le musiche mielose e strappacuore di Abel Korzeniowski.

Perciò l'unico consiglio che posso dare è: lasciate perdere e noleggiatevi il dvd di ROMEO+JULIET di Baz Luhrmann - quello con i giovanissimi Leo Di Caprio e Claire Danes - girato e recitato davvero come dio comanda.



 

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