Regia di Gore Verbinski vedi scheda film
Si ricompone la coppia dei miracoli commerciali legati ai “Pirati dei caraibi” costituita da Gore Verbinski e Johnny Depp alla ricerca di un nuovo brand (da mungere) e di una nuova maschera da affibiare all’interprete (che al botteghino da un po’ sta facendo fatica).
Operazione pensata in grande, che ricerca i dollari come da firma produttiva in calce (Jerry Bruckheimer) ma prima di tutto a suo modo riesce ad essere, in maniera quasi sorprendente, anche molto curata e caparbia, caratterizzata comunque anche da diversi limiti.
Lo strampalato indiano Tonto (Johnny Depp) e l’uomo di legge John Reid (Armie Hammer) si trovano quando sembra che le loro ore siano contate con la corruzione che dilaga laddove lo sviluppo sta mettendo piede per la prima volta con la costruzione della prima linea ferroviaria nel West.
Insieme, e quasi mai d’accordo sul da farsi, proveranno a fermare un avido piano architettato da Latham Cole (Tom Wilkinson), dovendo salvare anche affetti in pericolo.
Sembra un film scaturito da deliri di onnipotenza, questo già a partire dall’ambientazione western che raramente ha portato fortuna negli ultimi decenni ed anche a film assai meritevoli.
Ma rapidamente appare anche, se non prima di tutto, molto generoso, tra (poche) scene ultra baraccone (praticamente una all’inizio ed un paio in fondo), un personaggio da leggenda e parecchio comico come Tonto (premiata almeno a livello interpretativo la scelta di Johnny Depp) ed uno spirito generale che sa dove andare a pescare (i paesaggi western, un velo di malinconia e comicità che sa smarcarsi da parecchie consuetudini) e come farlo (anche se il ritmo sale e scende, questo non accade per caso o peggio per sbaglio).
Notevolissimo Johnny Depp, la sua maschera funziona alla grande, assai meno spumeggiante Armie Hammer, mentre dispiace che Helena Bohnam Carter risulti quasi del tutto assente (giusto due scene “gonze” per lei), mentre i “cattivi” sanno il fatto loro (Tom Wilkinson) o caratterizzano piacevolmente sopra le righe (William Fichtner).
Sicuramente disomogeneo, altrettanto folle, scanzonato e scatenato (forse un po’ troppo sul finale), pieno di cose contestabili (si prende dall’universo western un po’ di tutto, ma comunque non mi pare che ci sia l’istinto di voler insegnare qualcosa a nessuno), ma in fondo attraente, a partire dalla narrazione a ritroso e da quella camminata silente che ci accompagna nel finale (che per dirla tutta arriva probabilmente un po’ troppo tardi).
Spettacolare, prodigo di gustosissime idee, ma anche un po’ disordinato.
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