Regia di Gore Verbinski vedi scheda film
Togliere dalla naftalina il vetusto Cavaliere solitario era una scommessa rischiosa quanto quelle (fallite) di riesumare The Shadow o Dick Tracy. Ci voleva l’impavida banda Verbinski/Rossio/Bruckheimer/Depp per accettarla e vincerla. Chi ama il western, in questo film lo ritroverà declinato in tutti i suoi luoghi (comuni) mentali: bianchi cavalli impennati, imboscate tra valli deserte, magia sciamanica e avidità yankee, assalti al treno, diabolici pistoleri, spietati uomini di potere, indiani saggi e bellicosi. Elementi iconici come il taglio dell’inquadratura, lo scintillio di uno sperone in primo piano, il rumore degli spari, il calcio di madreperla di una Colt, sono però qui racchiusi in una cornice molto particolare: quella delle immagini che le parole di un vecchio indiano un po’ folle, quadro vivente di un sideshow etnografico, fanno passare davanti agli occhi di un bambino un po’ scettico ma deciso a credere, che rappresenta lo spettatore ideale. Verbinski ridà vita in modo divertente e spettacolare – con un perfezionismo che lo pone assai al di sopra di un onesto mestierante hollywoodiano - a un mondo reinventato dal cinema, sullo sfondo reale dei monumentali paesaggi dei film di John Ford, Sam Peckinpah e Sergio Leone, che aveva già citato in Rango 3D. Pur nella fedeltà alla fonte televisiva di un eroe multimediale ante litteram, rivelata dalla trama e dall’Ouverture del Guglielmo Tell, gli autori non tentano un’impossibile operazione filologica intrisa di nostalgia ma invertono i ruoli dei protagonisti, trasformandoli in una coppia di amici un po’ squilibrata, in cui John Reid è l’eroe per caso e l’ex spalla Tonto è la coscienza che muove la vicenda. Fluviale e un po’ ipertrofico, come tutti i film generosi che nel tentativo di dare tanto al pubblico finiscono per sommergerlo di stimoli, The Lone Ranger è anche un rollercoaster con l’anima, in cui il motto dell’eroe - «mai togliersi la maschera», ovvero non accettare compromessi col potere, restare ai margini e mantenere la propria integrità morale - è forse il segno più forte e meno scontato della modernità di un personaggio, obsoleto solo sulla carta.
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