Regia di Gore Verbinski vedi scheda film
La Disney si affida nuovamente al trio vincente Verbinski-Depp-Bruckheimer che è riuscito a riesumare con successo il bistrattato genere dei film sui pirati, puntando stavolta ad un altro genere classico della cinematografia, il western, anch'esso da tempo non più esattamente in voga.
I risultati non sono altrettanto positivi, ma neppure del tutto disprezzabili.
Il regista statunitense ha un indubbio talento visivo ed una sorprendente inventiva nella costruzione di scene d'azione e nella scelta iconica di inquadrature che lasciano il segno, purtroppo però stavolta la sceneggiatura confezionata dal veterano duo Elliot & Rossio (che furono proprio autori della saga Pirati dei Caraibi e di altri grandi successi soprattutto di casa Dreamworks), risulta in più punti squilibrata e non valorizza del tutto il notevole apporto tanto tecnico quanto artistico.
In primo luogo è obiettivamente troppa la violenza mostrata, a discapito di un umorismo che non risulta brillante o fulminante, essendo affidato quasi unicamente al personaggio di Depp, che pure stavolta, a discapito del trucco, non è una maschera comica, quanto malinconica. Ciò rende il tono generale piuttosto cupo e serioso, a mio parere non adatto ad un pubblico giovanissimo, anche perché la trama mette in ballo argomenti piuttosto complessi e pesanti, quali il genocidio, la guerra, la corruzione politica e la giustizia. Dunque, se da una parte ciò lo allontana dal puro blockbuster tutto azione ed effetti speciali, dall'altra quando questi elementi compaiono risultano un po' stonati nel complesso, anche perché si perde quel manto di crudo realismo che poteva trasformarlo in tutto e per tutto in un prodotto per un pubblico adulto. Anche la ventilata sottotrama fantastica o sovrannaturale finisce sullo sfondo, potendo invece rivelarsi interessante.
Questa virata finale della sceneggiatura mi è sembrata quasi un ripensamento, e sebbene le sequenze della corsa in treno sono davvero mozzafiato, non sono riuscita ad apprezzarle, perché era come se si stesse assistendo ad una versione alternativa, più cartoonesca e leggera di quanto mostrato in precedenza.
Impeccabile comunque il lavoro del reparto tecnico, costumi e trucchi, e ottime le scelte del cast, soprattutto dei personaggi antagonisti, una volta tanto davvero inquietanti e non pseudo macchiette, come spesso accade ultimamente.
Reputo che un maggiore equilibrio tra le due anime del film avrebbe convinto di più critica e pubblico, che infatti si sono divisi.
L'impronta di Hans Zimmer è inconfondibile, anche perché tende a citare se stesso, ma l'omaggio finale al Guglielmo Tell di Rossini mi è parso amplificare l'effetto farsa...
Il talento non gli manca, e lo dimostra in più scene: seppure cita se stesso e rispolvera tutto l'immaginario tipico del genere, lo sa anche rielaborare con il suo gusto, forse fracassone nel finale, ma adrenalinico e pulito.
Non è una spalla, ma neppure un vero protagonista, dato che divide la scena a metà con il giovane collega. La sua nuova trasformazione si intuisce che è come sempre frutto di un'ideazione personale: Tonto è un indiano inquieto, scettico tanto nei confronti degli uomini quanto degli dei, opportunista e iracondo, oltre che bislacco, come tutti i personaggi dell'attore, ma forse gli manca quel pizzico di carisma in più per essere davvero memorabile.
Riesce a spiccare abbastanza, nonostante l'ingombrante partner di scena e con la sua faccia da bravo ragazzo un po' ingenuo impersona in maniera credibile il personaggio dell'incorruttibile avvocato costretto a diventare un vendicatore mascherato.
Nonostante compaia anche nella locandina, la sua è una piccola parte che però si fa ricordare.
Sanguigno e perverso. Un cattivo come non se ne vedevano da tempo.
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