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Tutti i santi giorni

Regia di Paolo Virzì vedi scheda film

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La recensione su Tutti i santi giorni

di supadany
8 stelle

E’ sempre bello vedere un regista affermato quale è Paolo Virzì (che piaccia o meno lo è) decidere di cimentarsi, peraltro tra due film molto apprezzati (“La prima cosa bella”, 2010 e “Il capitale umano”, 2014), con un’opera molto più intima e senza velleità di ribalta, priva di evidenti proseliti e improntata su di una sincera dedica.

Guido (Luca Marinelli) ed Antonia (Thony) sono una coppia felice per quanto agli antipodi; lui è un portiere di notte colto ed appassionato di lingue antiche, lei è un’aspirante cantante nonché impiegata presso un autonoleggio.

Per lo più s’intravedono e basta, in quel lasso di tempo però stanno benissimo e sognano, ad esempio di avere un figlio che però non pare volere arrivare e questo aspetto porta con se conseguenze difficili da gestire.

 

 

L’amore ai nostri (impossibili) giorni, la difficoltà di stare al gioco (imposto), la volontà di sognare ed il risveglio che può essere assai brusco.

Un Paolo Virzì che fa un clamoroso punto rinunciando ai cast di rilievo (che si sa, aiutano in tutti i sensi) operando con un tono inusuale, delicato ed affettuoso, pur senza scordarsi che la vita è difficile ed assai distante dall’idea di sogno che i suoi protagonisti coltivano con tutte le differenze del caso.

Due caratteri molto diversi, lei in costante guerra con se stessa e col mondo, praticamente pronta ad esplodere (in un senso o nell’altro), lui timido, quasi invisibile (al mondo) seppur pieno di qualità; in questo riquadro si inserisce la difficoltà di avere un figlio (altro tema sensibile) che scombina i pochi piani che ai due sono concessi di fare.

Gli interpreti (saggiamente) scelti sono il valore portante; Thony non è un’attrice (cantante da ascoltare, almeno una volta, tanto di più dopo aver visto il film), e forse è proprio questo un vantaggio, anche perché riesce ad essere trascinante anche nell’irritazione e sensuale lontana da ogni sorta di artificio; Luca Marinelli invece attore lo è, ma abituato ad osare e naturalmente in controtendenza con quanto l’apparato dominante vuole mostrare ed il suo personaggio gli confà.

Opera che non sarà certo il prototipo del capolavoro, tra tutte le sue movenze, che spaziano tra il dolce e l’amaro, non è difficile trovare vizi di forma, ma è prima di tutto tremendamente istantaneo ed assolutamente percettibile, un qualcosa che il cinema italiano tende (astutamente dal punto di vista commerciale, stupidamente da quello reale) a rimuovere, perché qui è richiesto allo spettatore un passo in avanti che tra gioie (quando l’atmosfera è rilassata si sorride piacevolmente) e patemi può farci anche male.

Vivo, e pure tanto. 

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