Regia di Paolo Virzì vedi scheda film
E dire che con La prima cosa bella (2010) Virzì sembrava aver finalmente raggiunto la maturità stilistica e narrativa: con questo peggio-che-mediocre Tutti i santi giorni, invece, il regista toscano non fa che involversi per riprecipitare nella commedia qualunquista dei suoi esordi. La trama è un continuo buco logico (due ragazzi che palesemente non possono stare insieme, per ragioni dipendenti e anche indipendenti dalla loro volontà, vogliono un figlio: ma perchè? E inoltre: che senso ha nell'Italia del 2012?), seguendo una vecchia storiella scritta da un amico del regista (Simone Lenzi), prontamente pubblicata da Dalai editore (QUESTA è l'Italia del 2012!) e con una sceneggiatura firmata da Virzì, Lenzi e Francesco Bruni, altro vecchio amico toscano del regista. Tutti i santi giorni vorrebbe sembrare una commedia impegnata, ma sprofonda fin da subito nelle fragilissime fondamenta su cui la storia è costruita e per giunta trasuda falsità, menzogna, ignoranza della realtà quotidiana che cercherebbe in verità di raccontare: in certi momenti il lato comico del prodotto salva le apparenze (la raccolta dello sperma, grande clichè d'altronde), in altri che si presupporrebbero più seri, invece, il film riesce a farsi perfino irritante. La confezione è comunque di buon livello, dalla fotografia di Vladan Radovic al montaggio di Cecilia Zanuso al cast artistico, che non prevede grossi nomi ma funziona ottimamente (apprezzabili entrambi i protagonisti, il già noto Luca Marinelli e l'esordiente totale Federica Caiozzo - in arte Thony - che si occupa anche della colonna sonora). Arriverà persino un David di Donatello e proprio per la miglior canzone, scritta però da Lenzi e il suo gruppetto di amici. 3/10.
Una coppia di ultratrentenni, profondamente diversi al limite dell'incompatibilità, vuole un figlio. Il figlio non viene, lei molla lui e torna dal suo ex; lui timidamente le chiede di tornare, lei torna.
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