Regia di Paolo Virzì vedi scheda film
Ne troppo vecchi , ne troppo giovani. In quella terra di mezzo in cui di solito l’età è obbligata a fare i conti con le scadenze della vita, Guido ed Antonia si muovono avvolti da una nuvola d’amore. Il loro problema non è la convivenza, ancora piena di esuberanza e di dolcezza, ne il lavoro, poco esaltante ma stabile. A complicare le cose è un figlio che non arriva, e la conseguente frustrazione della ragazza, costretta a sottoporsi alle cure di un medico azzeccagarbugli ed all’invadenza dei conoscenti curiosi di sapere le ragioni della mancata prole. Innamorato ad oltranza, Guido, lettore colto ed instancabile, si fa in quattro per consolarla ma confrontarsi con l’orologio biologico e l’stinto di maternità è difficile anche per una persona positiva come lui.
Se “La prima cosa bella” era stato un tuffo nel passato con “Tutti i santi giorni” Virzi ritorna all’attualità, ma questa volta a differenza di altre lo fa interiorizzando quella cornice umana, ambientale e darwiniana che solitamente rappresenta il fiore all’occhiello di un cinema sempre attento a segnalare le contraddizioni del proprio tempo, proponendola nell’essenza stessa dei due protagonisti. Intendiamoci non si sta parlando di un cinema astratto oppure svincolato dal proprio tempo perché uno sguardo sul mondo esiste ed è evidente quando Guido ed Antonia si aprono a quello che li circonda, abbandonando temporaneamente l’idillio di un rapporto solipsistico ed autosufficiente. In questo modo il film soddisfa la propria funzione sociale ed antropologica costruendo una galleria di nuovi mostri coatta e periferica, riprodotta attraverso il dettaglio fisiognomico e di costume - i volti dei vicini di casa alterati dalla chirurgia plastica ed il loro modo di fare, ispirato a canoni televisi e da rotocalco- ma il puzzle di varia umanità sembra più un pretesto per rimarcare la diversità dei due protagonisti che il tentativo di costruire un quadro generale. E come se il regista ed i suoi collaboratori (Bruni alla sceneggiatura ma anche l’autore del libro a cui il film è ispirato) avessero deciso di rappresentare il proprio tempo attraverso un’ eccezionalità, quella di Guido ed Antonia, che dovrebbe essere naturale e condivisa e che invece, nel suo non incompresa ed anzi scansata – indicative a questo proposito sono le reazioni di disappunto delle persone che scambiano il disagio di Antonia per maleducazione o la bontà di Guido per debolezza – riesce a darci le coordinate esatte di chi siamo diventati. Un progetto che Virzì sostiene con una scelta atipica come quella di presentarci una coppia già rodata, rinunciando alla poetica del primo incontro, in cui solitamente parole ed immagini si guadagnano l'empatia del pubblico mostrando le schermaglie dell'innamoramento. Lontano da queste trappole grazie ad un talento che ogni volta permette allo spettatore di dare del tu ai personaggi, Virzì si dedica alla costruzione di un romanzo popolare in cui il gusto per la vita si interseca con la capacità di saperla mediare attraverso il dinamismo narrativo. Il risultato è accattivante per la freschezza degli attori, naturali e fotogenici, e per uno stile di regia che esalta l’improvvisazione, i gesti minimali, gli scarti del cuore alla maniera di certo cinema targato Sundance, di cui "Tutti i santi giorni" sembra ricalcare anche il look, informale e cromaticamente slavato. Un meccanismo perfettamente oliato ed adatto alla liquidità della nostra contemporaneità, e però a rischio di inconsistenza quando si preoccupa di contenere la durata delle singole sequenze con stacchi e frammentazioni che le riducono in qualche caso a semplice aneddoto, e qui ci riferiamo per esempio all'addescamento tutto tic e non sense subito da Guido da parte del cliente cinese, oppure alla filosofia macchiettistica del ginecoloco alla quale i due si rivolgono per cercare di avere un figlio. E se Luca Marinelli nella parte di un "idiota Dostovjeskiano" è semplicemente perfetto, a sorprendere è Thony,cantautrice su You Tube ed ora approdata sul grande schermo con una disinvoltura pari solo alla sua sensualità scanzonata e diretta. Sono loro che permettono al film di rimanere nella mente dello spettatore a proiezione ultimata. Al nostro cinema la responsabiità di coltivarne la bravura,
(icinemaniaci.blogspot.com)
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