Regia di Mario Bonnard vedi scheda film
Papà Martin lavora al porto a Le Havre e, fra sacrifici e rinunce, mantiene a Parigi il figlio Armando. Il ragazzo dovrebbe studiare, ma sperpera malamente i risparmi paterni.
Per quanto non si tratti certamente di un testo teatrale di grande notorietà, La gerla di Papà Martin (autori i francesi Eugene Cormon ed Eugene Grangé) ha ispirato svariate pellicole italiane, le prime tre delle quali nel periodo del muto. Sostanzialmente quindi è questa l’unica versione con il parlato, nonché l’unica facilmente rintracciabile oggi; in ogni caso non si tratta neppure della prima per il regista Mario Bonnard, che aveva già diretto un La gerla di Papà Martin nel 1923 (le altre due versioni erano quelle di Mario Caserini, del 1909, e quella di Eleuterio Rodolfi, cinque anni più tardi). Il film di per sé non è nulla di eccezionale: una modesta illustrazione senza particolare originalità che vive essenzialmente delle interpretazioni di un gruppo di interpreti rodati: Ruggero Ruggeri, Germana Paolieri, Roberto Villa, Luisella Beghi, Maria Mercader, Bella Starace Sainati e altri ancora; la sceneggiatura è frutto del lavoro di squadra effettuato da Oreste Biancoli, Akos Tolnay e dal regista stesso. Il ritmo vacilla, il finale accomodante non può venire meno, specie considerando il ruolo di scacciapensieri affidato al cinema in quei difficili anni per il nostro Paese. 4/10.
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