Regia di John Moore vedi scheda film
Per la saga "Die Hard" è davvero un buon giorno per morire. Il peggior film della serie conclude il ciclo in maniera ingloriosa: riguardatevi i primi tre capitoli, lasciate perdere questo!
"Nessuno morirà oggi!" (John McClane)
Un buon giorno per morire.
Come non essere d'accordo con questa affermazione?
Se nel precedente capitolo la saga Die Hard perdeva colpi, qui è definitivamente crollata.
Infatti, approvare qualcosa di questo film è un'impresa che non si riesce a compiere neppure volendolo.
Stavolta John McClane si trasferisce a Mosca per salvare le sorti del figlio, con cui aveva litigato, e si dovrà scontrare con uno spietato gruppo di terroristi legati alla malavita russa.
Quello che appare chiaro fin da subito è la totale inconsistenza di una sceneggiatura che sembra scritta da un gruppo di pazzi ubriachi da quanto è stupida.
La storia è un'accozzaglia di elementi eterogenei e slegati fra di loro.
Sembra un frullato delle trame di tutti i film che gli sceneggiatori hanno visto nella loro vita; veramente una porcheria che di questo livello poche volte mi è capitata sotto mano.
Tutti gli attori poi recitano malissimo.
A cominciare da McClane jr. (Jay Courtney), veramente imbarazzante nei panni del figlio di colui che fu grande eroe dell' action.
Passando poi per i cattivi, uno più ridicolo dell'altro, i quali più che perfidi parevano una banda di dementi senza alcun carisma.
E per finire, anche il duro a morire, ma evidentemente non immortale, John McClane, incarnato da un Bruce Willis ormai forse stanco del ruolo.
Sembrava infatti che recitasse più per nostalgia che per reale interesse, che lo facesse per obbligo più che per volontà, che fosse rassegnato.
Si sarà forse reso conto di aver preso parte a un prodotto vergognoso?
La regia di uno sprovveduto John Moore è attenta solo alle scene d'azione – almeno quelle discrete – e lascia andare in malora tutto il resto.
Gli effetti speciali non sono male a parte nell'ultima parte del film, ambientata nientepocodimeno che a Chernobyl, in cui si ha l'evidente impressione di essere in un videogioco costruito al computer.
Ma questo è ancora il meno, ovviamente.
Stavolta lo spirito vero di Die Hard non c'è. A causa anche della cattiva prova di Willis che ormai è inadatto al ruolo, che rappresenta un'epoca andata.
Inoltre, uno dei pilastri del personaggio di McClane è sempre stata l'ironia.
In questo film il caro vecchio poliziotto di battute ne fa, troppe. L'ironia è infatti forzata, presente ovunque, poco elegante, a volte assolutamente inopportuna e sempre poco azzeccata.
Un esempio di ironia molesta è quando, a Chernobyl, Willis chiede al figlio: "Non è che ci spunta un terzo braccio?".
Non credo che ci sia bisogno di aggiungere nulla a questa frase.
Die Hard – un buon giorno per morire tenta addirittura di ritagliarsi qualche scena moralistica, provando a riflettere sul rapporto tra padre e figlio. Potevano risparmiarselo naturalmente, ma viene da chiedersi: senza le scene "educative", quanto sarebbe durato il film? Un'oretta scarsa?
Non si sa.
La mera operazione commerciale del 5° Die Hard non ha prodotto che un inguardabile e imbarazzante filmetto noioso, rumoroso e disordinato, nel quale nessun fan della serie potrà mai riconoscersi.
Vengono i brividi a pensare a un 6° capitolo della serie con Bruce Willis, e un infarto se al posto di Bruce ci sarà il figlio. Meglio non pensarci, e augurarsi di non assistere mai più a una tale disgrazia.
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