Regia di Jay Roach vedi scheda film
La prima considerazione che sorge spontanea è come può esserci una differenza così abissale tra le produzioni televisive italiane e quelle statunitensi? Una provocazione: confrontate questo Game Change con Julianne Moore, Woody Harrelson e Ed Harris con Un passo dal cielo col nostro Terence Hill o I Cesaroni. Che Dio ci aiuti. Tornando a bomba al film sulla corsa alle elezioni dello scorso mandato del presidente a stelle e strisce: fino a metà racconto tutto procede con ritmo e buona tenuta. Poi, quando Sarah Palin, o perlomeno il personaggio che ci viene presentato, comincia a andare in tilt ...il palco crolla. Come per il Bush di Stone il registro al limite del caricaturalgrottesco ci rende del tutto inverosimile una visione già di per conto suo distantissima dal nostro modo di vivere la politica (un bene?). Si arriva in fondo stanchi e perplessi. Ancora una volta duole constatare, come nel buon Sesso e Potere con Hoffman e De Niro, come la comunicazione sia il grande ago della bilancia nell'opera di convincimento dell'elettore medio. I media impazzano e muovono i destini del mondo, i grandi burattinai dell'immagine vendono spesso fumo e, quando il trucco si svela (quando e se), il castello si sgretola. Una grande partita di Risiko in cui il reduce McKain prova l'azzardo e lo scontro diretto con Obama giocandosi la carta dell'outsider Palin - donna in carriera, madre amorevole, brillante oratrice, persona socialmente impegnata - rimanendo ben presto senza alcun carrarmatino in mano. Resta impressa però nella memoria la figura di un'appassionata e devota politica di provincia, quasi una vicina di casa rassicurante e generosa, attiva e positiva, affidabile nelle faccende del quotidiano, nella piccola amministrazione politica; sempre col favore della grazia di Dio. C'è in qualche modo da riflettere nel confronto con i grandi volponi della Casa Bianca e del Congresso.
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