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Paris Under Watch

Regia di Cédric Jimenez vedi scheda film

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La recensione su Paris Under Watch

di OGM
6 stelle

Sotto gli occhi di tutti.  È questa la traduzione esatta del titolo originale. Ma lo sguardo, in questo caso, è solo uno. Onnipresente, però appartenente ad una sola persona. Un giovane che vediamo quasi sempre di spalle, mentre sta seduto davanti ad una parete di monitor. Quel ragazzo è un hacker. E riesce a mostrarci il terrorismo del terzo millennio come lo abbiamo sempre immaginato, senza riuscire mai a vederlo dal vivo. Una volta tanto, quel fenomeno tanto micidiale quanto sfuggente cessa di avere segreti, e viene spiato in tutti i suoi risvolti, violando la riservatezza delle trame ordite nelle stanze del potere, così come l’intimità dei suoi retroscena di carattere privato. Certo è inverosimile che un solo individuo possa avere accesso a tutti i principali server e database della città, seguendo i movimenti dei sospetti attraverso i segnali dei loro cellulari, le riprese delle telecamere di sorveglianza e le webcam dei loro pc. Questo  genio dell’informatica è l’espediente, un po’ fantascientifico, mediante il quale l’esordiente Cédric Jimenez ci propone una riedizione di Red Road amplificata su scala globale, adattata al mondo di internet ed alla portata planetaria delle nuove minacce. Contemporaneamente, il Big Brother di orwelliana memoria si riduce alla dimensione casalinga dei reality, in cui ognuno, tramite il telecomando, diventa regista dei ritagli di vita colti attraverso un buco della serratura grande come uno schermo televisivo. Lo zapping diventa lo strumento di indagine, che salta in qua e in là per cambiare prospettiva, effettuare confronti, stabilire collegamenti. C’è anche il replay che si sostituisce alla memoria e diventa perenne custode di testimonianze audiovisive in grado di eternare, e rendere inoppugnabili, anche le parole più volatili ed i gesti più fugaci. L’attimo in cui una borsa piena di esplosivo viene depositata in mezzo alla gente che affolla il marciapiede di una stazione ferroviaria. Una conversazione tra due diplomatici su una panchina del parco.  Una volta che i pezzi sono stati raccolti, si tratta soltanto di metterli insieme. E le tracce elettroniche aiutano a ricomporre il  puzzle. Il compito, che, sotto il profilo strettamente tecnico,  per una mano esperta può rientrare tra i lavori di routine, rimane comunque problematico dal punto di vista umano, per i troppi crimini e il troppo dolore a cui si è costretti ad assistere, nella più totale impotenza. Della verità si costruisce solamente il quadro complessivo, senza poter concretamente intervenire per cambiarla. Eppure l’anonimo protagonista di questa storia ci prova: quando la pressione si fa insopportabile, prende in mano il telefonino e chiama per avvertire, per chiedere aiuto, lanciando appelli disperati. Lo spettacolo è avvincente (e di fatto inizia, per lui, come una sorta di videogame poliziesco), però è anche tanto duro da osservare. Una biro fatta rapidamente oscillare tra le dita esprime una tensione che non si sa come affrontare, se non, forse, continuando a scavare, proseguendo quella frenetica corsa attraverso la giungla di una città in cui tutto appare oscuro ed intricato, eppure è impossibile nascondersi. Il film punta tutto su questo paradosso, che annulla il mistero con un clic del mouse, mentre sul display scorrono, perfettamente incolonnate, tutte le risposte ai quesiti fondamentali. Visione di insieme e dettagli convivono dinamicamente, in quel gioco di obiettivi mobili che si governano spostando le dita sul joystick. Forse ciascuno di noi può diventare manipolatore della realtà, portandola ad emergere dal fondo in cui altri vorrebbero seppellirla. Potremmo essere tanti piccoli fratelli in grado di fare concorrenza a quello grande, ma avendo dalla nostra parte l’arma invincibile dell’evidenza. Quella che diviene tale agli occhi di tutti, non appena viene postata sul web.  È solo un’utopia telematica, che però ci fa sognare. Trasformarci da semplici utenti in formidabili maghi: per credere a questa folle idea ci vuole tutta l’ingenuità di questa storia, che maldestramente si maschera da favola, parlandoci di un’organizzazione chiamata Al Manchaa, e di una potenza estera di nome Estranie, i cui abitanti parlano correntemente il russo. Tutto inizia con un attentato, con decine di morti e feriti: e poi la fantasia si allontana dalla ragione, cavalcando le onde elettromagnetiche e i pixel digitali, nel tentativo di dimostrarci che, dopo tutto, non è poi così difficile scoprire chi è stato.   

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