Regia di Werner Herzog vedi scheda film
I medici volanti dell’Africa orientale (sottotitolo: “Le difficoltà degli aiuti allo sviluppo della medicina”) è il primo dei tre titoli (seguiranno Fata Morgana e Anche i nani hanno cominciato da piccoli) ultimati da Werner Herzog al ritorno dal lungo viaggio in Africa intrapreso tra il novembre del 1968 e il 1970, uno splendido documentario (anzi, un reportage, come puntualizza propriamente lo stesso regista) commissionato dalla televisione tedesca dedicato all’operato del Flying Doctors Service, fondazione umanitaria di medici volontari che, a bordo di aerei da turismo, raggiungono le missioni di Kenya, Uganda e Tanzania per portare soccorso e somministrare cure adeguate a feriti e malati. Herzog, contattato da alcuni amici degli stessi medici, sceglie di seguire i dottori della fondazione nel compimento del loro lavoro, tralasciando le attività meramente tecnico-logistiche per concentrarsi sulle difficoltà culturali, condizionate da ignoranza e superstizione, che rendono ancora più ardui e, spesso, quasi impossibili, i loro interventi tra le popolazioni locali.
“Questo film fornisce una visione parziale dell'Africa orientale. Il Kenya, ad esempio, dall'indipendenza ha registrato una crescita notevole, ma il film mostra solo luoghi non ancora sviluppati. Le potenze coloniali non avevano interesse economico in questa zona, così trascurarono anche le opere di civilizzazione: ma è proprio là, dove non è stato fatto niente, che vanno i medici volanti”.
La voce off presenta un chirurgo di Mannheim, il dottor Röttcher: “Stamattina volerà da Nairobi, Kenya, fino a un ospedale missionario nel nord della Tanzania. L'organizzazione dei Medici volanti ha aerei sempre pronti a partire: al momento ce ne sono sette. Il volo dura due ore: il viaggio via terra sarebbe durato più di un giorno”. All'arrivo nell'ospedale di una missione irlandese, le immagini si soffermano sulle attività dei medici e sugli interventi chirurgici: “Qui nell'Africa orientale i medici si occupano soprattutto di ustioni o di ferite inferte da animali, la chirurgia plastica è quindi particolarmente necessaria”. La macchina da presa invade le sale operatorie e le camere di degenza, segue il dottor Röttcher durante le visite ai malati, che “sorprende” mentre fissano l'obiettivo.
“Alla missione Ortum, a 2500 metri sulle montagne del Kenya, si costruisce una pista di atterraggio. Michael Wood, fondatore dell'organizzazione dei Medici volanti, supervisiona gli ultimi lavori. L'ospedale più vicino è a 120 chilometri di distanza al di là delle montagne: durante la stagione delle piogge le strade non sono percorribili. Michael Wood, chirurgo plastico inglese, nel frattempo divenuto cittadino della Tanzania, in risposta a queste necessità ha fondato circa dieci anni fa, insieme ad alcuni volontari, il Flying Doctors Service, finanziato quasi esclusivamente da donazioni. Da allora oltre settanta missioni, tra le più lontane, sono in contatto radio o aereo e otto medici fissi e undici medici part-time si recano in volo, da soli o con uno dei cinque piloti, nei luoghi degli interventi. Sovvenzioni di beneficenza inglesi, americane e tedesche tengono in vita l'organizzazione. Grazie anche agli stanziamenti del ministero degli esteri, il contributo tedesco è oggi il più consistente”. Le riprese aeree catturano l'incanto dei panorami dall'alto del lago Nakuru, in Kenya, e delle migliaia di fenicotteri che nidificano sulle sue sponde. Atterrano a Ortum, accolti dagli applausi: “Questa gente non aveva mai visto un aereo da vicino: per loro è un'esperienza paragonabile per noi all'atterraggio di una navicella Apollo. D'ora in poi avranno la possibilità di ricevere assistenza medica in breve tempo in caso di emergenza”.
Nairobi: il centralino del Flying Doctors Service, dove “infermiere qualificate rispondono e inoltrano le chiamate a piloti e medici per la suddivisione degli incarichi”, in un'area di assistenza compresa tra Uganda, Kenya e Tanzania.
Kenya settentrionale, missione di Kakuma, nel semideserto del Turkana, al confine con il Sudan: “Qui non ci sono medici, nè apparecchi radiologici, nè acqua corrente. La luce elettrica è prodotta da un generatore diesel. Le suore e i preti irlandesi hanno fondato questa missione in una zona in cui per centinaia di chilometri non ci sono quasi costruzioni e in cui vivono tribù seminomadi senza alcun contatto con i benefici della civilizzazione”. I medici intervengono a soccorrere alcuni feriti trasportati nella missione dopo l'assalto di una tribù sudanese all'accampamento Turkana: “Michael Woods è volato qui il giorno stesso insieme a un medico pachistano”. La macchina da presa li segue nella sala operatoria (“La sterilizzazione è insufficiente, ma è quanto basta per interventi di questo tipo”), visita, mentre uno dei superstiti racconta l'episodio a un interprete, l'accampamento teatro dell'aggressione e poi torna a mostrare le cure disperate dei medici ai feriti, fermandosi, straziata, su una bambina ferita al petto da una lancia. Poi, la morte: “Ci sono molti problemi per la medicina in questa zona del mondo: abbiamo appena avuto questo incidente con le tribù e il primo problema è stato il trasporto dei pazienti in ospedale. Hanno percorso 110 chilometri sul retro di un camion senza fasciature e naturalmente in forte stato di shock. Uno dei pazienti, dopo essere stato ricoverato ha mangiato senza che le infermiere se ne accorgessero, così, in anestesia, ha vomitato. la carne che aveva mangiato gli è finita nella trachea ed è morto. È questione di ignoranza. E poi c'è il problema delle comunicazioni, cioè di riuscire a contattare i medici da molto lontano. Siamo venuti qui, a circa 650 chilometri da Nairobi e l'unico modo per farlo era in aereo. Fortunatamente alcuni fattori sono a nostro favore: queste persone sono molto forti e resistenti e probabilmente resistono alle ferite più della media. L'assalto ha provocato otto morti e l'ignoranza altri due. La gente, qui, crede che un ferito abbia bisogno di mangiare: come la madre della bimba ferita dalla lancia, che l'ha allattata di nascosto prima dell'operazione. Per questo la bimba è soffocata”.
Altri medici volanti al lavoro: “Circa mille chilometri a sud il Flying Doctor Service si occupa di una stazione mobile nella foresta. La dottoressa svizzera Anne Spoerry viene qui regolarmente con il suo aereo”. I suoi primi pazienti la attendono, alcuni arrivati dopo aver viaggiato a piedi un giorno intero, in un accampamento di tende e furgoni adibiti ad ambulatori. Una tribù Masai riceve cure mediche e vaccinazioni.
Un nuovo viaggio: “Abbiamo accompagnato Michael Woods sul lago Rodolfo, dalla tribù dei Loyangalani, nel nord del Kenya. Nove mesi fa un bambino di nove anni, gravemente malato, era stato portato in aereo da qui nella capitale. Ora i genitori non lo volevano più”. La macchina da presa trova il bambino, momentaneamente ospitato in un istituto per disabili: “Sebbene conoscesse lo swahili, non ha voluto parlare: è significativo che i suoi unici compagni di gioco siano alcuni bambini sordomuti. Forse il rifiuto dei genitori è per questo bambino l'unica chanche di andare a scuola e ricevere un'istruzione moderna, ma chi può dire se sarà un vantaggio?”.
Il dottor Kessler, di Monaco di Baviera: “Ha qualche problema ad atterrare: solo al terzo passaggio dell'aereo, gli gnu lasciano libera la pista”. Destinazione: la stazione di Loliondo, a raccogliere i racconti del medico, uno dei più esperti tropicalisti della fondazione, sulla sua attività: “Questo signore è uno stregone, una persona molto importante da queste parti: l'aveva portato qui suo figlio perchè soffriva di prostata. Era necessario un intervento che lui aveva rifiutato: dopo una settimana, come avevano previsto i medici, la patologia peggiorò così tanto che tornò qui per farsi operare. In seguito la sua opinione sulla nostra medicina è cambiata e tutto ciò ha sortito degli effetti: da allora, i pazienti dell'ospedale sono aumentati di quasi un terzo. Ora lo stregone ha un ospedale vicino al nostro, dove cura i suoi pazienti”.
Di nuovo in volo, con il dottor Miller, canadese, nella regione dei Masai: “Gli africani si fidano maggiormente delle cure più concrete, come interventi e iniezioni: il successo di un intervento viene misurato in base alle dimensioni della parte asportata”. Qui il medico ha a disposizione soltanto una farmacia, ugualmente fondamentale per l'attività di prevenzione delle malattie, le vaccinazioni e la distribuzione di medicinali.
“I medici volanti sono soltanto una parte di un'organizzazione più vasta, la Fondazione africana per la medicina e la ricerca, che si occupa della ricerca sul cancro e sull'alimentazione, combatte in primo luogo le malattie infettive e comprende una divisione per l'informazione medica”.
Uganda, in un villaggio, a seguire il lavoro dell'infermiera Betty Miller, gallese, tra cure e lezioni ai bambini delle scuole: “Allo stesso tempo insegna igiene e prevenzione delle malattie: attraverso la scuola è più facile individuare i bambini già malati”. Poi, ispirato dalle reazioni dei bambini di fronte alle immagini raffigurate su alcuni poster, Herzog decide di ripetere l'esperimento tra i braccianti di una piantagione di caffè, “dove i lavoratori avevano familiarità con l'uso di macchine e un'istruzione scolastica”. La macchina da presa mostra le loro risposte: “Questo test non dimostra la stupidità degli africani, semmai la nostra. Dimostra soltanto che questa gente vede cose del tutto diverse da noi, pur avendo davanti agli occhi la stessa immagine. Dopo secoli di dominio coloniale in Africa, la nostra inadeguatezza è tale da non riuscire a comunicare nemmeno in modo elementare. Se davvero intendiamo aiutare, dobbiamo prima iniziare a capire. Senza il miglioramento delle condizioni sociali e della comunicazione, il contributo dei medici volanti rimarrà soltanto un palliativo, continuamente ostacolato, di sintomi superficiali. C'è da fare molto di più di quanto sia stato fatto finora”.
Il decollo di un aereo.
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