Regia di David Lean vedi scheda film
Senza considerare l'origine letteraria (che non conosco), trovo questa versione by Lean un lavoro di sostanza: nei personaggi, nelle locations, nelle emozioni, nelle musiche insomma nella messinscena. La durata può sembrare impegnativa ma l'uso dell'ambientazione e di elementi puramente cinematografici come il montaggio (sia visivo che sonoro) che le inquadrature alleggerisce il carico dello spettatore. Tanto è vero che con un paio di campi stretti, una panoramica, uno stacco siamo trascinati inesorabilmente nell'India del primo novecento, la storia avanza di conseguenza: a colpi, ad acuti con una cadenza implacabile. Il gioco del non visto mischia le carte, ma l'istantanea del reale è l'ultima cosa che interessa, qui il discorso è di climax, avvolgente, accattivante, inesorabile. Il racconto è uno slalom pericoloso fra temi complessi, come il colonialismo britannico, lasciati forse alla semplice denuncia senza approfondimento, mirando invece ad una soluzione individuale delle anime: il perdono, la comprensione, la fratellanza. Quello che rimane è dunque il paesaggio e secondariamente le sciagurate azioni umane, nei loro limiti contrapposte alla forza e alla bellezza primordiale e inspiegabile della natura.
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