Regia di Lina Wertmüller vedi scheda film
"Si sono vivo",pronuncia Pasqualino dinanzi ad uno specchio che non "vedeva" da anni.
Ma e' un "vivo" inanimato,una tragica maschera di vigliaccheria quella di Pasqualino.Sopravvivere secondo la secolare "arte" partenopea dell'arrangiarsi è quello che mantiene in vita uno scalcinato "guappo".
E' una parabola esistenziale feroce,spietata,eppur allegramente diroccata di folclore napoletano, la vita del Settebellezze.
La Wertmuller attinge cosi' dalla cultura di cui anch'ella fa parte.La vita e il colore di Napoli riempiono lo schermo,un cuore pulsante di vita e tradizione popolare.Primi piani che furoreggiano,abbattendo barriere perbenistiche e borghesi.Sorelle racchie,zitelle e sguaiate, sono l'universo dell'uomo,circondato da un nugolo di donne adoranti,riverenti, e da una madre iperprotettiva.
Pasqualino è parte d'un mondo a se,distaccato dall'universo della "normalita'",è il classico "guappo" da "onore e rispetto",ancorato a "virtu'"stampate addosso,dalla brillantina al taglio impeccabile degli abiti.
Un affresco che profuma di "napoletanita'" pura,di personaggi al limite dalla caricatura,ma non solo,il film della Wertmuller è molto di piu'.E' l'impietoso ritratto d'una vita qualunque,d'un mediocre alle prese con gli orrori della guerra,della follia dei campi di sterminio.
Abbraccia molte tematiche la regia,non indugia e non indietreggia,avanza a pieno ritmo nei visi dei personaggi.
La telecamera ne "respira" sopra l'epidermide, traendo emozioni e malefatte,ma sopratutto vive di spiragli indimenticabili.
Sotto la cortina sarcastica e la venatura grottesca,ci viene restituita la sequenza antologica nell'ingresso d'un lager.
Prima di Coppola e della sua "apocalisse",al suono della "cavalcata delle valchirie" vi è l'ingresso al campo di concentramento.
Si perde la feroce ironia dei "guappi" e le case di tolleranza viste all'inizio,il paesaggio diviene grigio e spettrale,abitato da zombi in divisa, tra cui lo stesso Pasqualino.
La forza del film è concentrata sopratutto qui,negli orrori d'una natura umana che cerca "ordine", come afferma il prigioniero (ottimo)Fernando Rey.
In una struttura anacronistica,frammentata di Flashback la Wertmuller firma il suo massimo splendore registico.
Pasqualino Settebellezze è un opera maestosa nella carica cinica e grottesca,un oscillazione di farsa,dramma e tragedia.
Giancarlo Giannini (straordinaria performance) incarna il maschio italico, virile e "machista",eppure eternamente ancorato al seno materno,vile,codardo e tragicamente vigliacco.
Un mostro "per sbaglio" inizialmente,dapprima passato in manicomio,luogo di devastazione,drammaticamente presentato dalla regia,che ricorda in alcuni versi una miscela tra l'inferno dantesco e il "cuculo" di Milos Forman.
Si riflette tanto alla visione di questo film,sul diritto a sopravvivere e sul "macchiavellismo" sciagurato del personaggio.La metastasi della guerra fabbrica mostri in serie,mostrati senza reticenze, in gonnelle naziste e lividi prigionieri .
Pasqualino è "uno di loro",una schifezza,un assassino "per necessita'" piu' che per crudelta'.
"Vende" se stesso a una sadica e cicciona "Maitresse" da lager,pur di rimanere vivo, pronto a diventare un "kapo'".
Decidere sulle sorti altrui,d'un compagno di sventure,è l'"extrema ratio" d'una vita "arrangiata",fatta su misura "Per campare" alla giornata.
Come si dice a Napoli, "adda' passa a nuttata",per Pasqualino anche da uomo libero non sara' piu' cosi',anche guardarsi di fronte ad uno specchio,sara' molto difficile.....voto 9/1O.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta