Regia di Marco Righi vedi scheda film
La fine dell'estate, spesso, cinematograficamente, coincide con il termine di un periodo preciso della vita oppure simboleggia un passaggio verso una nuova maturità. L'esordiente Righi usa gli ultimi giorni d'estate, quelli più malinconici, quelli dove si vendemmia, soprattutto nella vasta pianura emiliana dove è ambientato questo piccolo, delizioso film, per raccontare dei turbamenti dell'adolescenza, di un'adolescenza, vista dai nostri giorni, quasi antica, ai tempi delle cascine e della morte di Berlinguer, dei primi smarrimenti politici e della società che andrà inesorabilmente mutando. Campagna compresa. Tutto questo avviene nei piccoli dettagli attorno al giovane Elia, tutto preso dalla vendemmia e da Emilia, laureanda che, per fare cassa, dà una mano nella raccolta dell'uva. Un film molto trattenuto, autoriale il giusto, che mi ha riportato ai tempi belli di Mazzacurati e al suo capolavoro, "L'Estate Di Davide", film troppo dimenticato. Una storia sottile come una di quelle ragnatele dei ragni dell'uva, fatta d'imbarazzi e di sguardi, di grilli e di estati che paiono così lontane, quasi mitiche, di fiaschi di rosso, con l'umanesimo cattolico dei contadini che si fonde con l'impegno politico della rossa pianura, e di primi baci. Non è tutto perfetto, Righi non è (ancora) Mazzacurati, e, per esempio, la protagonista femminile, Lavinia Longhi, è, secondo me, troppo appariscente e quasi stona con i luoghi e la "partitura musicale" del film: la sua bellezza è così intensa, forte, da suonare finta, da pubblicità del tè freddo. Il fratello di Elia, che si palesa nel finale, è fuori luogo, anche lui troppo carico e poco approfondito, anche se funzionale all'epilogo. Sono dettagli che comunque non rovinano la visione, bella, poetica e intensa. Sono quei rari film italiani che sbocciano nel deserto, vivono il tempo di un attimo, raccolgono pacche sulle spalle e si perdono in mezzo a tanta, troppa pattumiera cinematografica che produciamo. Da recuperare in DVD.
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