Regia di Luciano Emmer vedi scheda film
16 tavole prodotte da Giovanni Battista Piranesi appartenenti alle serie delle Carceri.
La macchina da presa di Luciano Emmer, 91 anni, si muove ancora con la curiosità con cui esplorava le opere di Giotto, Picasso e Goya mezzo secolo prima e oltre; i settant’anni di carriera del regista sono ben rappresentati da questa che sarà una delle sue ultimissime pellicole. Un cortometraggio di appena dodici minuti di durata sul tema delle carceri: strumenti inumani per contenere la parte meno umana dell’uomo, simbolo di oppressione e repressione, luoghi di dolore, violenza e follia. Fra una citazione dantesca (dal terzo canto dell’inferno: “Guai a voi, anime prave!”) e una del Tito Livio dell’Ab urbe condita (“Ad terrorem increscentis audiciae”), Emmer dimostra di non aver perso neppure la sottile vena civile – qui certo meglio rappresentata – che è sempre scorsa nel suo cinema. Nonostante portino la firma di Stelvio Cipriani, le musiche non lasciano il segno e, a dire il vero, il principale difetto del lavoro risulta proprio l’audio: la scelta condivisibile di eliminare il commento parlato viene affiancata da quella già meno felice di inserire effetti sonori (schiamazzi, colpi, urla) di sottofondo per ciascuna delle 16 acqueforti del Piranesi che la macchina da presa va a indagare. Non solo i rumori sono spesso superflui, ma rimane anche una certa perplessità nell’udire sventagliate di mitra in commento a una tavola del diciottesimo secolo. 5/10.
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