Regia di Carlo Vanzina vedi scheda film
Megaproduzione stupefacente, quella di La partita, chiaro segnale della fiducia e del potere contrattuale raggiunti a suon di incassi al botteghino dai fratelli Vanzina; Carlo ed Enrico scrivono questo romanzone di cappa e spada insieme a Livia Giampalmo, partendo dall'omonimo scritto di Alberto Ongaro (premio Campiello), eppure sarà un completo disastro. Tutte da valutare le responsabilità tecniche-artistiche: la pellicola non è un flop dal punto di vista dell'azione e dei sentimenti, ma forse arriva leggermente fuori tempo, così avventurosa, retrò e romantica, negli ipertecnologici (o quanto meno si reputavano tali) anni '80 pregni della retorica del 'tutto e subito'. E soprattutto gode di un cast strepitoso, che pesca a livello internazionale da successi delle stagioni immediatamente precedenti - Matthew Modine (Full metal jacket, 1987), Jennifer Beals (Flashdance, 1983) - e dal carniere hollywoodiano, come nel caso di Faye Dunaway, completandosi con qualche presenza nostrana cara ai Vanzina (Corinne Clery, Gianfranco Barra, Karina Huff). Un altro elemento di disturbo può essere quindi stata l'idea di stantio o di polpettone che scaturisce dall'ennesima riproposizione di un personaggio spudoratamente 'casanoviano'; quale che sia la reale motivazione, comunque, La partita costò un mucchio di soldi e ne portò a casa pochissimi, finendo con il dimostrare platealmente la scarsissima affidabilità dei Vanzina proprio in uno dei loro lavori a tutti gli effetti 'meno peggiori'. 3/10.
Settecento. Il nobile Francesco torna nella sua Venezia, dove trova il padre ridotto in miseria per aver perso tutto al gioco. Accetta così una sfida contro la donna che ha ridotto la sua famiglia sul lastrico, ma perde e decide così di fuggire. Anche se la sfida rimane ancora aperta.
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