Regia di Jean Renoir vedi scheda film
Quaranta minuti di grazia, dal miglior regista degli anni 30, forse il primo cineasta "moderno" della Storia. Al suo apice creativo (degli stessi anni furono capolavori assoluti come "La Grande Illusione" e "La Regola Del Gioco"), Jean Renoir si ricollega allo spirito gioioso ed anarcoide di "Boudu Salvato Dalle Acque" (di qualche anno prima) per scardinare i capisaldi della mentalità borghese, inscenare una magistrale lezione di seduzione, restituire un quadro figurativo della campagna francese degno di una tela di papà Auguste. Cinema impressionista dove l'apparente noncuranza di inquadrature e movimenti di macchina è in realtà frutto di un approccio naturalista alla messa in scena, dove la joe de vivre dei giovani innamorati e temerari è bilanciata dalla fugacità dei momenti felici e dall'amara consapevolezza di convenzioni sociali e soprattutto morali difficili da superare. Film pieno di umorismo, passionalità, buffoneria, malinconia. Non cade mai nella farsa, men che meno nell'invettiva anti-borghese: semplicemente mostra il comportamento naturale dell'essere umano alle prese con l'impellenza del desiderio. La poesia di una natura colta in tutta la sua intrinseca bellezza, sia col sole sia col temporale, si integra alla perfezione con lo studio dei caratteri e la resa degli stati d'animo; a Renoir non interessava lo scandaglio psicologico nè l'intimismo esasperato: il suo sguardo rimaneva quello di un acuto ma discreto osservatore di gesti, sguardi e movimenti. Proprio come in un quadro di Renoir padre, di Monet o degli altri impressionisti, il sentimento, tanto più profondo e vivido quanto più vago ed inafferrabile, scaturisce dalla visione distante dell'esterno, del paesaggio, dalla contemplazione del "tutto". E così, in questa memorabile "Scampagnata", il primo piano arriva solo nel momento del bacio: dominano i campi medi, in cui vengono disegnate le traiettorie che determinano rapporti fra più personaggi, anche su piani diversi, come nella sequenza in cui una finestra si apre e spalanca agli occhi dei due giovani la visione di Henriette in altalena. Se gli uomini, borghesi e stolti, si rivelano insensibili al richiamo erotico della natura, dell'aria aperta, della vacanza, intenti come sono a deturparne la vitalità (la fissazione per la pesca), le donne invece entrano in risonanza con tutto ciò che di vitale, dalle piante all'acqua, dalle piccole bestie ai giovani canottieri, viene offerto dal luogo in cui si trovano. Pare un film degli anni 60, per come è girato, ennesima conferma del genio innovativo, trasparente eppure ricco di sfumature, che caratterizza l'opera di Renoir. Se proprio vogliamo essere cattivi e trovare un difetto a questo piccolo capolavoro, forse il personaggio del goffo ed inetto Anatole rischia di cadere nella caricatura. Ma sono cose che si possono perdonare ad un cineasta che ha cambiato per sempre la Storia dell'arte cinematografica.
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