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La demora

Regia di Rodrigo Plá vedi scheda film

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La recensione su La demora

di ohdaesoo
7 stelle

La Demora non è ai livelli del meraviglioso La Zona, questo bisogna dirlo subito.
Se devo trovare un film che gli somiglia basta andare indietro di un solo giorno, a quel Wendy and Lucy recensito ieri, ossia dalle parti di quei piccoli film che raccontano dei semplici spaccati di vita nel modo più asciutto, essenziale e semplice possibile.
Come in Wendy anche La Demora (o almeno tutta la seconda parte, la più importante) si svolge nell'arco di un solo giorno o poco più.
Un vecchio probabilmente affetto da Alzheimer inizia a pesare sulla vita di sua figlia, stanca di accudirlo e doverlo controllare nei suoi tentativi di "fuga". Cerca di piazzarlo in una casa di riposo ma la domanda non viene accettata. Lo abbandona.
La prima parte del film racconta semplicemente la vita di famiglia, le difficoltà nel gestire quell'anziano e il crescere di una certa tensione e malcontento. Plà si prende i suoi tempi, non inserisce nessuna azione notevole o nessun cambio di ritmo, il film procede stancamente, forse troppo.
Poi la figlia chiede al padre di sedersi in una panchina e se ne va, lasciandolo lì.
E qui il film cambia, magari non nel ritmo ma riusciamo finalmente ad interessarci per le vicende e cominciare ad empatizzare.
La Demora, ossia Il Ritardo.
Ma inizialmente credevo che il significato fosse La Casa e già mi immaginavo una lettura in tal senso. Un vecchio che un tempo aveva una casa tutta sua (e che ricorda più volte nel film), che adesso aveva la casa della figlia, che avrebbe anche la casa dell'altra figlia, che hanno tentato di mandare in una casa di riposo, e alla fine sei lì, in una panchina abbandonato, in quella che qualcuno ha fatto diventare la tua nuova casa.
"Se non riesci a ricordare dove abiti è come non avere una casa" sussurra il vecchio ad un passante.
Frase malinconica che attraverso il filtro della sua malattia, l'Alzhaimer, racconta di qualcosa che si è irrimediabilmente perso, e non solo nella memoria.
Agustin è come un bambino, aspetta lì sulla panchina il ritorno della madre, anche se in questo caso la madre è sua figlia. I vecchi, i bambini, le persone con deficit mentali, spesso sono quelle prive di sovrastrutture, quelle che non riescono a vedere trame e orditi ma si fidano ciecamente del prossimo. E Augustin sta lì, non si muove, non vuole andare con nessuno, sa che la figlia (madre) tornerà. La sua figura è meravigliosamente tragica, le sue parole sommesse, il suo viso buono e speranzoso.
Poi la figlia si pente e passa tutta la notte a cercarlo, specie nei ricoveri e case per anziani.
Ma Augustin è rimasto sempre là dove lei gli ha detto, lo cerca dapertutto ma lui non si era mai mosso.
Forse lo troverà. O forse no.
Ma poi arrivano i titoli di coda e scopro che quel La Demora significa Il Ritardo.
E tutto cambia, l'ho trovato un titolo magnifico.
Il ritardo, il troppo tempo che ci mette lei per tornarlo a prendere.
Il ritardo, il troppo tempo che ci vuole a capire le cose, a rendersene conto.
Il ritardo, quello che a volte non ti fa fare più in tempo a recuperar qualcosa mentre altre volte hai la fortuna di essere ancora in tempo per rimediare.
Il ritardo, quello che a volte può anche non esser tale.

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