Regia di Sidney Lumet vedi scheda film
Una giuria popolare formata da 12 uomini si ritira per deliberare su un caso di omicidio che vede coinvolto un diciottenne di bassa estrazione che pare abbia accoltellato suo padre. Nella camera di giudizio solo un uomo crede all’innocenza del ragazzo, o meglio instilla tutti i dubbi circa l’assoluta certezza che il ragazzo sia colpevole, avviando un’estenuante guerra psicologica tra i giurati…
Film giudiziario atipico firmato da Sidney Lumet, che anziché, come altrove, esaltare la figura di imputati, testimoni, ma soprattutto di avvocati e delle loro arringhe, narra tutto quanto viene dopo, seguendo la vicenda con unità spaziale fissa ed un tempo della narrazione quasi del tutto concomitante con quello della visione. Per come il cinema ci aveva abituato ad intendere il film giudiziario, “La parola ai giurati” è paragonabile ad un film sulle inondazioni le cui vicende cominciano ad essere narrate subito dopo che lo tsunami ha concluso il suo devastante corso. E l’andare controcorrente dell’intera operazione è decisamente sottolineato anche da altri fattori (come il fatto che anziché montare l’accusa, qui i giurati provano a smontarla, oppure più banalmente che i protagonisti si presentino all’ultima scena anziché alla prima).
Nonostante si inquadrino per un’ora e mezzo dodici uomini che discutono tra loro, l’azzardo di Lumet non risulta né logorroico, né tanto meno noioso. Merito di una meravigliosa caratterizzazione ed una scrittura sopraffina, che tengono sempre alta la tensione non perdendo di vista l’obiettivo di mantenere sempre ben definite le fazioni che via via si vanno creando. I dialoghi e le interpretazioni (Henry Fonda, Lee J. Cobb, Jack Klugman e Jack Warden principali protagonisti) sono di altissimo livello, mentre nella versione italiana un vero valore aggiunto è rappresentato dal suggestivo doppiaggio. Di rilievo anche il montaggio, complicatissimo da realizzarsi, ma tutto sommato senza grosse sbavature.
Lumet impone al suo film un taglio narrativo che dà grande rilievo alla psicologia dei protagonisti, ognuno con i suoi precedenti, le sue esperienze e convinzioni, in un quadro sociologico interessante ed avvincente; tuttavia sull’intera operazione aleggia il messaggio di inadeguatezza del sistema di giudizio creato dagli uomini, quasi a sottolineare come l’unico giudice non sia di questa terra, dato che tra i mortali vige la regola, condivisa dai 12 protagonisti, che “i fatti si possono rivoltare”.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta