Regia di Sidney Lumet vedi scheda film
Certo che per far funzionare così bene un film tutto ambientato in una stanza ci voleva proprio Sidney Lumet, che si sarebbe poi rivelato un esperto degli spazi piccoli e chiusi. Tuttavia anche la sceneggiatura attenta e precisa ai dialoghi e alla definizione dei personaggi ha una parte non piccola del merito della riuscita di questo film. Esso è un forte atto d'accusa ai procedimenti giudiziari che portano alla condanna a morte di un presunto colpevole; le strutture giudiziarie sarebbero anche buone, se non fossero composte da persone il cui discernimento della verità è annebbiato da limiti e passioni personali di ogni tipo, senza che manchino i più beceri pregiudizi sociali, fino alla semplice fretta di finire il dibattimento per andare a vedere la partita. Ognuno di loro prende sotto gamba la questione, a cominciare dal giudice (che dice nobili parole di rito, ma con fare distratto e frettoloso). Tutto il procedimento, poi, è condotto con grande faciloneria e superficialità, dimenticando che ad essere in ballo è la vita di una persona. Un difetto che hanno tutti i membri della giuria è il qualunquismo, cioè una sorta di indifferenza per una questione tanto importante; il lavoro del personaggio di Henry Fonda è quello di scuoterli dal qualunquismo, dalla superficialità, e dalla presunzione di aver capito tutto. La realtà, infatti, è estremamente sfaccettata e ingannevole, motivo che dovrebbe spingere alla massima prudenza nel trarre le conclusioni. E' un grande film con ottimi insegnamenti, che tuttavia evita completamente le trappole del didascalismo, della retorica, e degli schemi ideologici. Trovo anche interessante il fatto che alla fine non si venga a sapere chi sia l'assassino, e questo perché lo scopo del film – mettere in guardia dalle conclusioni affrettate - è già stato raggiunto.
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