Regia di Sidney Lumet vedi scheda film
La parola ai giurati, titolo esplicativo dell’originale 12 Angry Men, è tante cose. È l’esordio di Sidney Lumet, probabilmente il più onesto e raffinato artigiano della Hollywood del secondo Novecento, e dio solo sa quanto abbiamo bisogno di registi che non conoscono il significato della parola “boria”. È un prodotto tutt’altro che vanaglorioso, senza un eccessivo dispiego di mezzi tecnici, tratto da un teledramma (e questa operazione di trasmigrazione cinematografica diede una svolta ad un certo cinema americano). È un gran film d’attori: dodici uomini di estrazione e vissuto totalmente differenti interpretati da altrettanti attori con esperienze disparate, dal divo Henry Fonda (in uno dei ruoli più carismatici mai apparsi sullo schermo) agli eterni, splendidi, caratteristi Jack Warden (squisito), Martin Balsam (attento), Lee J. Cobb (enorme, con una parte finale da brividi), Ed Begley (esimio), E.G. Marshall (eccellente) e Joseph Sweeney (sorprendente). E, ultimo ma non meno importante, il tema grosso come un macigno della responsabilità degli uomini, legato al doloroso problema del diritto che l’uomo si stesso si arroga di uccidere un proprio simile secondo legge. È il manifesto (e non il film-manifesto, attenzione) contro la pena di morte, capace di resistere al tempo e sempre di tremenda attualità, nonché un’asciutta, claustrofobica e secca disanima sulla potenza del dubbio come cifra dell’essere umano.
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