Regia di Sidney Lumet vedi scheda film
Un esordio sorprendente per una vicenda di attualità sorprendente: la onestà della giustizia, da sempre, ovunque, per tutti. Il capolavoro di Lumet scardina tutti i luoghi comuni, i pregiudizi, che siano voluti o in buona fede, vuol puntare i riflettori sulla giusta considerazione dell'imputato, non vuole assolvere a priori come non bisogna condannare a priori, perché vanno considerate tutte le possibilità e il dubbio deve servire a trovare la verità e a scavare nei fatti, anche i più piccoli (vedi il particolare dell'impronta degli occhiali, messo in evidenza dal vecchietto della giuria). Dodici uomini comuni chiamati a deliberare per un estraneo, compito arduo ma che servirà a tutti per una maturazione interiore, umana. Uomini caratterizzati magistralmente, ognuno a tutto tondo e con un cast perfetto, emissari di una tensione che si coagula in pochi metri quadrati ed è soffocata dal caldo afoso; poi, dopo il culmine dello sviluppo, si aprono gli spiragli e il caldo viene alleviato dalla pioggia e dal ventilatore che pareva guasto, fino alla catarsi finale, con l'uscita all'aperto del protagonista, soddisfatto del suo contributo all'assoluzione. Come lo spettatore. Orso d'oro al Festival di Berlino. Remake di William Friedkin e un adattamento di Nikita Michalkov. 9 1/2
Kenyon Hopkins.
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