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Hiver nomade

Regia di Manuel von Stürler vedi scheda film

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La recensione su Hiver nomade

di yume
8 stelle

Quattro mesi in cammino in un mondo che abbiamo dimenticato

locandina

Hiver nomade (2012): locandina

 

Essere nomadi, coltivare quest’arte antica della pastorizia vivendo a diretto contatto con la terra, gli animali e il cosmo, aprendosi a incontri straordinari e condividendo il proprio tempo con amici contadini una volta l’anno, è un meraviglioso inno alla libertà, un’antitesi alla nostra comoda realtà.
Manuel Von Stürler

 

Ha vinto molti festival e partecipato a prestigiose rassegne a partire da Berlino questo documentario del 2012 di Manuel von Stürler sulla transumanza.

Giusto dunque che su almeno un red carpet (è accaduto in Svizzera) sfilassero anche due pecore e due cani della troupe.

La transumanza, parola ignota a molti.

Con un po’ d’ironia il regista fa capire che neppure la giovane Carole la conosce, pur praticandola!

Ma sono tempi lontani, non 8 anni, 8 secoli.

Transumanza: iniziò nel III a.C. e da allora pecore e uomini, cani e asini, o muli, hanno attraversato tutte le vallate, gli alpeggi, le pianure e le colline, brucato tutte le erbe, calpestato tutte le nevi.

C’era chi, come i pastori d’ Abruzzo, era diretto al mare, “ … che verde è come i pascoli dei monti”, chi solo in pianura dopo l’estate al fresco della montagna a brucare l'erba buona.

Oggi è un ricordo e una nostalgia, essere costretti a fermare la macchina su qualche statale fuori mano e aspettare che passi il gregge è roba di altri tempi, in qualche posto d’Italia ancora accadeva fino a prima del diluvio, oggi di gregge si parla solo per l’immunità.

Ma passiamo oltre e godiamoci questo magnifico viaggio di quattro mesi di Carole e Pascal con le loro 800 pecore lungo i pascoli innevati della Svizzera.

Il gregge è una massa lanosa e chiara, qualche macchia marrone qua e là, e sfila compatto, obbediente, costringe chi guarda a chiedersi come possa accadere, come possa bastare una parola (pied, piede, è la parola d’ordine) qualche ciuffo d’erba o tubero offerto alla prima perché tutte le altre seguano docili.

Costretti a fare qualche tratto vicino a strade o ferrovie, i due pastori godono del silenzio quando passano per boschi e prati lontani da case.

Il gregge li segue compatto, i cani sono fedeli, agili, velocissimi, fanno il loro lavoro come sentinelle instancabili, gli asinelli, umili e solerti, si lasciano caricare addosso di tutto, di tanto in tanto uno zoppica, ha una zampa gonfia, ma Pascal è vecchio del mestiere e sa cosa fare.

Pascal è sui cinquant’anni, pastore da una vita, per lui esiste solo quella dimensione, quel calmo silenzio della notte accanto al fuoco e del giorno con le sue pecore in cammino.

Carole è giovane, sorridente, qualche brusco rimprovero di Pascal non la distrugge, vuol imparare e non conosce cedimenti.

Per 90 minuti camminiamo con loro, poche parole, qualche sosta lungo il percorso in paesetti dove ogni anno ritrovano qualche amico, una doccia e un pasto caldo, poi via, una tendina di notte con i cani dentro e neve o sole di giorno.

Freddo, silenzio e pace, la vita torna ai suoi suoni primordiali, ai suoi ritmi calmi, contemplativi, quando le tensioni, le difficoltà e la fatica non scompaiono, non si vive nelle favole, il cammino è duro, pesante, lungo, ma uomo e natura sono alleati, animali e uomini si capiscono e si rispettano, nessuno dei due si sente re e padrone dell’altro con diritto di uccidere.

Mentre arriva un inverno in cui non brilleranno luci televisive, non spareranno fuochi d’artificio, non c’ingozzeremo chiusi in case surriscaldate, ritroviamo la serena libertà che solo il cinema, per ora, può restituire.

Quel mondo esiste ancora, fuori di noi, per chi lo merita.

 

 

www.paoladigiuseppe.it

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