Regia di Antonio Pietrangeli vedi scheda film
Luoghi comuni: Antonio Pietrangeli è il regista delle donne; Antonio Pietrangeli è uno dei registi più sottovalutati del cinema italiano. Sono due cose entrambe vere ma anche trite e ritrite e sarebbe ora di provare a dire qualcosa di nuovo. Proviamoci. La parmigiana è l’altra faccia del boom economico, un'Italia ancora provinciale e preindustriale, che racconta la parabola non esattamente edificante di una ragazza che voleva troppo e che si adatta ai tempi che cambiano con naturale predisposizione all’adeguamento vagamente opportunistico.
Personaggio non troppo simpatico ma a cui inevitabilmente ci affezioniamo, Dora è una ragazza del dopoguerra che ambisce ai modelli femminili già ampiamente propugnati nell’Italia bigotta ma ingenua del tempo: sa quello che vuole, ma non lo sa bene, perché il fallimento è dietro l’angolo ogni volta ci si fidi di un uomo, che sia esso opportunista o reazionario, squallido o sempliciotto. Eppure Dora non s’indigna, non s’arrabbia, cerca di rialzarsi ogni volta nonostante tutto e nei modi più discutibili: il tempo le darà ragione?
Pietrangeli tratteggia il personaggio con raffinato approfondimento psicologico assieme a Ruggero Maccari e Stefano Strucchi, partendo da un romanzo di Bruna Patti, inserendolo nel contesto emiliano in modo molto efficace (il merito qui è anche degli eccellenti Didi Perego e Salvo Randone che rappresentano due caratteristiche fondamentali di certa provincia italiana: da una parte la civetteria e la praticità, dall’altra il torpore e la ricerca di sessualità), senza dimenticare tutto ciò che avviene fuori Parma (luogo in cui Dora sostanzialmente scappa da se stessa), dalla chiesa in cui intreccia una relazione con un codardo pretino alla Roma incapace di essere patinata per troppa faciloneria dominata da un Nino Manfredi magnifico cialtrone. Catherine Spaak, perfetta sia come presunta santa che come conclamata puttana, è nel ruolo della vita.
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