Regia di Elgin James vedi scheda film
Il Salton Sea, nell'estremo sud della California, è un lago salato (generato all'inizio del secolo scorso da una violenta alluvione) che riceve acque inquinate dai canali di scarico ma non ha emissari in cui smistarle. Sulle sue rive desolate vive una comunità economicamente disagiata, che tira avanti abitando roulotte o prefabbricati e sembra non poter ambire nemmeno al diritto di sognare un posto migliore.
Le quindicenni Lily ed Alison sono ciascuna l'unica amica che l'altra abbia potuto trovare in questo deserto dominato dalla puzza di pesce marcio e da un'atmosfera rancida da post apocalisse. Cresciute entrambe tra mille difficoltà, ed entrambe con alle spalle il trauma dovuto alla perdita di un genitore, sono anche insoddisfatte da quanto quello rimasto riesce ad offrire loro: Lily nutre risentimento verso la madre, che non la capisce, e si trova a disagio anche di fronte alla zia, alle prese con la demenza cui è costretto il marito reduce di guerra; Alison non ha più dialogo con il padre, alcolizzato e depresso, ed ha trovato il surrogato in un vicino gentile che le dispensa pillole di saggezza e disillusione. Aggressiva e incattivita ma estremamente vulnerabile, Lily sfoga la rabbia principalmente su di sé, fantasticando sulla maniera migliore per morire ed arrivando ad episodi concreti di autolesionismo; riflessiva e razionale ma anche molto insicura, Alison ne osserva gli eccessi impaurita, combattuta tra l'istintiva propensione a confondersi con la massa ed il desiderio sincero di restarle accanto per proteggerla, oltre che per non sentirsi sola.
Quando un giorno, per caso, passeggiando sulla macabra spiaggia (composta da resti di organismi vari anziché da sabbia), scorgono un gruppo di ragazzi giunti lì per dedicarsi al vandalismo e allo skate tra i rifiuti raccolti in una piscina vuota e abbandonata, gli si presenta per la prima volta l'occasione di andar via: uno di loro, Jesse, fa colpo su Lily e la invita a raggiungerlo a Los Angeles. Lei prende la proposta molto sul serio, e convince l'amica ad accompagnarla rubando il furgone di Hogan, il vicino gentile.
Il regista Elgin James non ha fatto mistero di aver compiuto un percorso simile a quello che nel film si prospetta a Lily: cresciuto in un paese piccolo e in un ambiente familiare instabile, andò via di casa per vagabondare aderendo a una street gang e seguendo per dieci anni le regole della strada (e del carcere minorile), fino a quando ne uscì trasferendosi da Boston a Los Angeles, riuscendo ad entrare nel giro del Sundance Institute di Robert Redford. Ed è proprio nei Sundance Labs che Little Birds ha preso forma, con nel ruolo della protagonista la stessa Juno Temple che di lì a qualche mese, all'età di ventuno anni, avrebbe recitato ancora la parte di una minorenne problematica in Killer Joe di William Friedkin. La componente autobiografica, nella storia che James ha esteso di suo pugno, non si limita comunque al richiamo all'infanzia difficile, ma si estende anche al tema della microcriminalità, alla quale Lily viene introdotta non appena mette piede nella Città degli Angeli, spinta dal sogno di un amore che le dia il romanticismo che non ha mai conosciuto e da un anelito di libertà autentico ma disperatamente sganciato dal senso del rispetto per le convenzioni sociali.
James divide sostanzialmente il proprio racconto in due parti, prima isolando il contesto claustrofobico nel quale il bisogno di fuga nasce, cresce e si alimenta, poi descrivendo la suddetta fuga con tutte le sue (im)prevedibili implicazioni, concedendo allo spettatore il punto di vista della più equilibrata Alison, che — subito pentita — cerca a più riprese di far comprendere a Lily la pericolosità delle proprie azioni.
Caratterizzato dalla spettrale sintonia che avvicina i mesti scenari naturali che circondano il Salton Sea al grigiore dei sobborghi di Los Angeles, e supportato dalla bella colonna sonora rock affidata in buona parte allo stesso regista (anche cantante e chitarrista) e alla sua band, Elgin James & The Suicide Gang, Little Birds si lascia guardare lasciando però poche tracce di sé, limitandosi a documentare pigramente il percorso delle due ragazze tra una manciata di personaggi talvota sfocati e di dialoghi non sempre all'altezza, tra parabole gratuite sulla cattiveria della natura umana ed eventi che sembrano dettati dalla necessità fisiologica di forzare per chiudere il cerchio più che da un effettivo sviluppo drammaturgico, mancando di un'analisi approfondita ed evidenziando tutti i limiti di una scrittura schematica e priva di slanci. **½
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