Regia di Yaron Zilberman vedi scheda film
mi piace molto il titolo "una fragile armonia" che ovviamente si presta a più di una interpretazione. questo "tardo" quartetto destinato ad una fine per rinascere dalle sue ceneri rinnovato, rafforzato e cambiato, è però per il sottoscritto, anche fragile sotto l'aspetto spettacolare della finzione cinematografica. fragile perchè gravato e corroso da risaputi sviluppi legati alla disvelazione dei contrasti tra i protagonisti. se walken è il collante dell'operazione pluriventennale del quartetto, e keener e ivanir sono legati a walken da affetto paterno, ma soprattutto appagati dai loro ruoli all'interno del quartetto, hoffman invece vede il proprio apporto sottovalutato e impossibilitato ad evolvere. ma soprattutto è il bisogno di hoffman di mettersi alla prova e tentare una strada solista, negatagli dal perenne ruolo di secondo violino nel gruppo. in una splendida new york innevata i quattro personaggi sono come fossilizzati in una goccia d'ambra, dove a farla da padrone sono i ricordi legati al tempo che fu. ora, dopo l'intenzione di walken di ritirarsi a causa di una malattia degenerativa, sembra che per gli altri ci sia un risveglio prematuro dal letargo, accortisi che fuori ancora c'è la gelata, impreparati agiscono con gesti e parole inconsulti. abbiamo a che fare con attori di razza che sanno lavorare di calibro sulle sfumature, ma è come se il regista abbia consigliato troppo ritegno ad esprimersi. l'apparente mancanza di passione di ivanir, keener e hoffman tutta confinata nei ricordi di un'intervista televisiva e l'abbandono di walken dopo la diagnosi positiva della malattia e la morte della moglie è una polverosa partitura musicale suonata a memoria perchè oramai troppo routinaria per far vibrare le corde della voglia di vivere. tutto è confezionato in una lussuosa ma televisivamente vecchia bella forma che non riesce a toccare le mie corde e alla lunga le palpebre subiscono la gravità della giornata e del sonno.
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