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Broken City

Regia di Allen Hughes vedi scheda film

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La recensione su Broken City

di alan smithee
6 stelle

C’è del marcio in quel di New York. Marcio più marcio. Ce ne accorgiamo anche solo in occasione della prima inquadratura sul volto (e corpo) opulento e superbo del sindaco della grande mela (un Russell Crowe sempre più debordante). Costui richiama all’appello un ex poliziotto sospeso (Wahlberg) in occasione di un blitz terminato con l’uccisione di un teppista e da anni riciclatosi come investigatore privato sempre in bolletta. Ma la richiesta, lautamente remunerata, pare sia semplicemente una questione personale del potente e ricchissimo esponente politico, volto a tampinare la bellissima consorte (una Zeta-Jones sempre più mozzafiato) in odore di inciucio fedifrago. Invece, come da buon thriller che si rispetti, la posta in gioco è ben più alta ed intricata, e la lotta per uscirne vivi e immacolati di fronte alla legge praticamente impossibile.

Appare chiaro abbastanza presto infatti che l’intrigo riveste sfere ben più ufficiali e motivazioni ed interessi che vanno ben al di là del lato squisitamente sentimentale: è il mondo marcio del compromesso e della corruzione, che trasforma storie che potrebbero apparire di fanta-politica, in cronache attualissime e veritiere di quanto accade realmente nelle amministrazioni statali e para-statali delle società moderne, impaludate nel fango dell’intimidazione e dell’estorsione.

Il film, diretto diligentemente da uno solo dei fratelli Hugues, responsabili di alcuni validi e noti film thriller medi di un certo interesse, si lascia guardare e seguire con un minimo di interesse, anche se tutto ciò gira intorno a intrighi e situazioni che non possono certo definirsi nuovi od originali.

Anzi, per certi versi, con questi attori bravi (Crowe e lo sfidante Barry Pepper in testa) o bravini (Wahlberg ha sempre la stessa faccia pesta e la Zeta-Jones soffre della sindrome di una bellezza abbagliante che inesorabilmente mette in disparte doti recitative comunque presenti),  già impegnati più volte in passato in pellicole del medesimo genere (penso a Crowe di The next three days o di State of play e a Walhberg di Contraband, I padroni della notte, The corruptor), si avverte come l’impressione di aver visto già tutto in altre occasioni, e non scatta mai quella scintilla o quel colpo di fulmine che ti fa rendere indimenticabile un prodotto che invece, al contrario, rischi di confondere già il giorno dopo con i suoi mille cloni precedenti..

 


 

 

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