"Due vite" rende in modo incredibilmente efficace quello che costituiva la Stasi per la Germania Orientale.
Sebbene la vicenda si svolga prevalentemente in Norvegia e termini dopo la caduta del muro di Berlino (quando ormai la Stasi ufficialmente non esisteva più, o comunque non aveva più ragione di esistere), toglie i veli su un episodio con radici molto precedenti. Anzi, su una serie di vicende torbide (questa ne è una, ma è appurato che ce ne sono state altre, e chissà quante sono state) nate come conseguenze poco considerate e conosciute di tre fatti storici terribili che hanno colpito la Germania: il Nazismo, la guerra, il Comunismo.
Orfani reclutati dalla Stasi negli orfanotrofi e trasformati in agenti; agenti controllati e manovrati per decenni, ed anche all'estero.
In questo caso specifico, il dramma umano di una spia che si innamora e riesce ad ottenere di passare il resto della sua vita in condizioni di normalità, pur portandosi dietro (e dentro) dei grandi segreti di cui lei non ha colpa, se non per appartenere alla Stasi. Alla fine il riaffiorare casualmente di questi segreti distruggeranno la sua normalità ormai acquisita da decenni, e la sua vita stessa.
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